Il dipendente pubblico colto in flagranza di reato deve essere sospeso dal lavoro in 48 ore. Questo è uno dei punti qualificanti introdotti dai recenti decreti legislativi di riforma della Pubblica Amministrazione varati dal Governo. Lo strumento, insieme ad altri, dovrebbe rendere la vita più difficile ai cosiddetti furbetti del cartellino. Eppure, le cose non sono così semplici come si vuol far credere. Non basta cogliere il dipendente pubblico in flagranza di reato per far scattare automaticamente la norma sul licenziamento appena varata.
In questo caso entra in gioco lo Statuto dei Lavoratori, e in particolare l’articolo 4 recentemente riscritto dal Jobs Act, laddove disciplina la verifica da remoto – ossia con sistema di videosorveglianza, comunemente usato quale strumento utile per attestare la fragranza di reato – della condotta del dipendete. Proprio in relazione all’utilizzo degli strumenti di videosorveglianza, in fase processuale e giudiziale potremmo avere risultati opposti rispetto alle finalità delle norme appena varate.
E’ già capitato in diversi procedimenti processuali che, a fronte di ampia documentazione video che attestava in modo inequivocabile il comportamento illecito del lavoratore, non sia stato possibile il licenziamento. Di esempi eclatanti ce ne sono molti: si pensi ai lavoratori che mettevano le mani nelle valigie dei passeggeri negli aeroporti, o ai lavoratori che durante la malattia vanno a fare corse e maratone, oppure a dipendenti che timbrano il cartellino e vanno a fare la spesa. Illeciti documentati in modo inequivocabile con l’utilizzo delle telecamere di videosorveglianza e che non hanno portato al licenziamento del dipendente. La verità processuale non sempre consente la dichiarazione di legittimità del licenziamento.
Perché? Le ragioni che possono inficiare il provvedimento di licenziamento nonostante la flagranza di reato provata con l’utilizzo delle telecamere di videosorveglianza sono diverse. Per esempio, le prove raccolte non possono essere utilizzate nel processo perché raccolte in violazione della normativa vigente. Poi ci sono questioni di natura organizzativa, gestionale e economica relative ai costi di applicazione di controlli come quelli del caso San Remo.
Il tema vero, se vogliamo rendere efficaci le norme di contrasto, non è il tempo necessario per il procedimento disciplinare, ma la semplificazione delle modalità di reperimento delle informazioni e delle prove finalizzate all’accertamento degli eventuali comportamenti illeciti del dipendente. Finché non si interverrà in questo senso, qualsiasi norma di inasprimento delle misure si affievolirà di fronte al muro processuale.