La crisi parte dalla Cina con la pandemia Covid19, ma il big cinese Hisense (fatturato tra i oltre 18 miliardi di dollari, giganteschi profitti pluridecennali) licenzia in Europa. E si tratta di ben 2.200 dipendenti, vittime del drammatico crollo delle vendite causato della pandemia. Terzo produttore mondiale di tv e frigo, aveva acquisito nel maggio 2018 il primo produttore sloveno di elettrodomestici, la Gorenje, storico brand europeo dei majaps, che navigava in cattive acque dopo che la Panasonic aveva deciso di cedere il suo pacchetto del 12,7 per cento, in possesso dal 2013.
Dei 2.200 posti di lavoro, ben 1.000 dovrebbero essere proprio quelli della Gorenje, 700 nel settore produttivo, 300 in quello dirigenziale. Hisense ha dichiarato, infatti, che nei primi tre mesi dell’anno gli ordini alle fabbriche in Slovenia, in Serbia e nella Repubblica Ceca hanno registrato in Europa una caduta di un terzo e addirittura un crollo di due terzi in aprile al quale seguirà un -25 per cento per quanto riguarda maggio e giugno.
La riduzione del personale di Hisense avrà luogo anche negli uffici vendite europei. Una dichiarazione ufficiale di Hisense Europa ha comunicato che tutte le società del Gruppo si adopereranno per ridurre al minimo i licenziamenti utilizzando metodi soft di taglio del personale, incluso il disinvestimento in settori che non fanno parte strettamente delle attività industriali.
Ma se la crisi dei consumi continuerà con questi ritmi, Hisense non sarà certo l’unico gigante cinese a prendere provvedimenti per contenere le perdite sui mercati europei, destinate comunque a crescere. I big cinesi come Hisense e Haier hanno adottato da alcuni anni strategie mondiali di penetrazione dei mercati attraverso l’acquisizione di brand storici illustri –e decaduti –americani, europei e giapponesi. Perché i giganti cinesi, dopo essere stati a lungo fornitori di prodotti entry level per produttori e gruppi della distribuzione europei e americani, quando hanno deciso di entrare direttamente sui mercati mondiali, sono rimasti inesorabilmente inchiodati alle fasce più basse di prezzo.
E solo l’acquisizione di marchi e società occidentali ha consentito loro di controllare quote crescenti delle fasce medio alte di prezzo. Così Hisense era riuscita ad aggiudicarsi Gorenje per oltre 300 milioni di euro, soffiandola ai competitor “connazionali”, dopo aver acquisito Sharp Usa e Toshiba (divisione tv) e dopo aver conquistato il mercato africano dei beni consumi durevoli. E insieme ai brand, i cinesi miravano anche alle fabbriche per due ragioni: per servire rapidamente e con grande flessibilità i mercati locali e per escludere i costi di una logistica molto lunga che può diventare assai costosa per il trasporto dei grandi elettrodomestici.
Ma c’è anche una ragione, quella legata alla progressiva saturazione dei mercati cinesi, dove decenni di sviluppo e di crescita economica hanno scatenato una durissima competizione tra i grandi produttori di elettrodomestici. Che hanno guardato anni fa con straordinario interesse ai ricchi mercati occidentali. E sul più bello, proprio quando stavano divorando quote di vendite ai competitor coreani, è arrivato come un fulmine il coronavirus, cinese proprio come loro.