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L’Ice sembra un’araba fenice: 10 punti per voltare davvero pagina e creare un’Agenzia per l’export

Leggere i numerosi articolati e le proposte di legge relativi alla sostituzione del soppresso Istituto per il Commercio Estero messi in circolazione dai troppi “riformatori” chiamati a raccolta dal Governo, dai Ministeri più o meno  competenti (e pentiti), nonché dalle loquaci organizzazioni sindacali del Pubblico Impiego significa ritornare alla riproposizione di fatto del disciolto Ente, del suo Statuto, delle sue articolazioni e modalità operative.

Il disegno che pare fatto proprio dall’on.Calearo, delegato della Presidenza del Consiglio all’export, è la più precisa fotocopia del vecchio ICE, della sua  diretta dipendenza ministeriale (4 membri su 7 nel CDA della cosiddetta Agenzia), della continuità della natura pubblica dei suoi dipendenti, dell’articolazione regionale  dei suoi uffici in Italia, della poca chiarezza relativa all’integrazione con le Ambasciate all’estero. Continua a permanere la certezza della dipendenza obbligata del finanziamento pubblico per quanto riguarda  la gestione e quello, altrettanto pubblico, dei fondi per le attività di natura promozionale. Il ruolo e gli impegni privati rimangono sullo sfondo come possibilità, opzioni, liberalità.

La stessa presenza (minoritaria) nel Consiglio di Amministrazione della Confindustria, della Rete e della Associazione delle Banche risulta come un colpo di coda per tenere in vita le obsolete liturgie consociative più che un auspicato ruolo di corresponsabilità strategico.

Leggere per credere! Poi confrontare i testi come insegnano in Diritto comparato.

A questo punto vale la pena domandarsi dove siano finite le parole impegnative e riformatrici espresse più volte da Emma Marcegaglia, i suggerimenti venuti da ogni parte del mondo imprenditoriale per una drastica ed innovativa decisione del Governo in merito, l’azione stessa del Ministero competente prima condivisa e poi definita dallo stesso Ministro  “una c…..a”  con il relativo licenziamento del proprio Capo di Gabinetto.

Eppure la strada della possibile e utile riforma potrebbe essere  percorsa in modo chiaro e lineare.

1) Il vecchio Ice deve continuare ad essere soppresso a tutti gli effetti con il conseguente trasferimento al Ministero dello Sviluppo Economico  del suo personale,  delle proprietà e dei beni, delle attività e delle passività.. Senza questo pieno riaffermarsi del presupposto giuridico sarà del tutto impossibile provvedere alla chiusura degli onerosi e spesso lunghissimi contratti di affitto relativi alle sedi estere considerate non più strategiche e quindi da chiudere.

2) Il personale estero locale (circa 600 persone) potrà essere alleggerito o licenziato solo a fronte della cessazione giuridica dell’Istituto, soggetto che ha sottoscritto i  contratti di lavoro. Questo ancor di più per quelli, in grande numero, relativi a personale naturalizzato o addirittura cittadini italiani a pieno titolo.

3) Le sedi estere di proprietà (New York, Bruxelles, Varsavia) e quelle nazionali (Sede centrale e Palermo) vanno immediatamente valorizzate al fine di costituire una base finanziaria autonoma del Ministero vigilante per  governare i costi del personale ex Ice, la sua eventuale mobilità e le indennità di licenziamento dovute al personale estero dismesso.

4) Le organizzazioni  imprenditoriali e le associazioni di categoria più sollecitate dai mercati esteri (meccanica, moda, alimentare, arredo) vanno coinvolte nella futura Agenzia o Società in modo concreto nella loro gestione attraverso una partecipazione sostanziale al capitale, garantendo in questo modo per l’elaborazione  dei piani di promozione tempi e  modalità opposti rispetto a quelli fino ad oggi governati dalle burocrazie  di cinque o sei Ministeri.

5) All’Estero bisogna rafforzare l’identità logistica tra le rappresentanze diplomatiche del Paese e quelle della promozione commerciale, consegnando agli Ambasciatori poteri e compiti precisi ed  obbiettivi chiari nei tempi e nelle modalità.

6) Le Fondazioni oggi parcheggiate agli Esteri (Giappone e Cina) e il Japan Business Group, nonché tutte le attività finanziate dal danaro pubblico delle Camere di Commercio in Itali e all’Estero vanno assolutamente integrate dentro l’Agenzia o la Società.

7) Il piano promozionale cofinanziato dalla parte pubblica  e dagli attori privati deve essere elaborato ed approvato in tempi ristretti, comunque tali da poter gestire le iniziative in tutta la loro efficacia.

8) Il personale necessario deve essere selezionato sul mercato dando priorità (nella selezione) a quello ex Ice senza automatismi o garanzia di sorta. La  novazione contrattuale dia il segno privatistico del rapporto di lavoro in Italia e all’estero, assicuri flessibilità operative, preveda tutte le forme più efficaci e moderne della prestazione.

9) Le sedi regionali non servono e vanno soppresse.

10)  A Roma basta ed avanza una delegazione di collegamento istituzionale mentre, a Milano, nella sede operativa delle Stelline vi sono tutte le possibilità di rispondere ad ogni necessità logistica. A Milano hanno sede tutte le più importanti associazioni e categorie merceologiche e il polso del mercato è sicuramente più forte che a Roma.

Provvedano il Ministro Romani e la sua nuova Vice Ministra a nominare un responsabile per la “liquidazione” dentro il Ministero del vecchio ICE. Chiamino urgentemente gli attori reali dell’export per dare vita alla Agenzia o alla Società. Parlino chiaro ai Sindacati e alle imprese per dire che non ci saranno più illusioni di Sportelli o case Italia. Poi, con la Farnesina, diano iinizio a quella diplomazia commerciale di cui abbiamo sempre più bisogno e necessità.

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