Dopo la Tunisia e l’Egitto, questo fine settimana è stato il turno della Libia. Circa il 66% dei cittadini aventi diritto al voto si è recato alle urne per eleggere i 200 membri che formeranno l’Assemblea Costituente: sono le prime elezioni libere da 60 anni, dopo 42 anni di dittatura sotto il Rais Muahammar Gheddafi. Il Congresso nazionale generale dovrà nominare entro due mesi un premier e un governo oltre a presentare una bozza della nuova costituzione.
Secondo i primi scrutini, il partito in testa è l’Alleanza delle Forze nazionali (Afn), un’unione di oltre 60 partiti capeggiati da Mahmoud Jibril, il primo ministro che, dalla caduta del Rais, guida il Consiglio nazionale di Transizione (Cnt). “Nelle elezioni di sabato non ci sono stati né vincitori né vinti. La Libia è l’unica vincitrice”, ha detto il premier Jibril durante una conferenza stampa in nottata. Jibril è sostenuto dai paesi occidentali nonostante non si definisca né liberale né laico e rivendichi con ardore che tra i suoi principi ci sono anche quelli della legge islamica. Tuttavia è decisamente più moderato rispetto ai suoi oppositori, i più radicali Fratelli musulmani. Ma grazie all’appoggio che potrebbe ricevere dai partiti più apertamente islamici, questa mattina Jibril ha lanciato un appello ai circa 150 partiti che compongono attualmente la geografia politica del paese nordafricano affinché sostengano un governo di grande coalizione. Per il momento però, i partiti a orientamento religioso non hanno risposto all’appello di Jibril in attesa dei risultati del voto che saranno noti entro questa sera.
Dalla morte di Gheddafi, lo scorso 20 ottobre, il Consiglio nazionale di Transizione ha avuto diverse difficoltà nel mantenere la sicurezza e affrontare le richieste di autonomia regionali, soprattutto dalla Cirenaica, l’area più controversa perché la più povera del Paese ma la più ricca di petrolio. Al nuovo governo dunque spettano diverse sfide:
Potere dei militari – Molti ex-ribelli, che hanno aiutato a far cadere Gheddafi, adesso utilizzano le armi per ottenere vantaggi politici. Il disarmo della popolazione e l’integrazione di queste forze in un contesto civile sarà uno dei primi compiti del nuovo governo.
Richieste di autonomia – Dalla caduta di Gheddafi, etnie e fazioni tribali hanno paralizzato la Libia chiedendo maggiori poteri e, in alcuni casi addirittura la secessione dal Paese. Il governo dovrà trovare il modo di compensare queste richieste. Secondo gli ultimmi sondaggi i rappresentanti cirenaici sono 61 rispetto ai 101 della Tripolitania e bisogna vedere se questo non scatenerà tensioni nel nuovo Parlamento.
Sicurezza – Il governo dovrà impegnarsi a istituire e a far rispettare uno stato di diritto in grado di costruire un sistema legale che garantisca il normale svolgimento dell’economia e la risoluzione delle dispute (anche a livello economico)
Economia – Punto importante per l’Italia che è uno dei maggiori partner commerciali del Paese, il nuovo governo dovrà far tornare in moto l’economia libica. La Libia, essendo il quindo maggiore produttore di petrolio al mondo, potrebbe facilmente attirare enormi flussi di capitali stranieri.
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