L’economia del Libano si fonda sul terziario: nel turismo e nel settore bancario si registrano i maggiori tassi di crescita. Da una parte è una necessità, dovuta alla scarsità di risorse naturali, dall’altra una conseguenza derivante dal vantaggio di affacciarsi sul Mediterraneo. Tuttavia il terziario è anche il settore che, nell’eventualità di un conflitto, verrebbe maggiormente colpito. E il periodo di instabilità che sta vivendo ora il Paese ne è un esempio.
La grande crescita è avvenuta di pari passo con la stabilità politica seguita all’accordo di Doha, nel maggio del 2008. Il settore turistico e quello bancario si sono irrobustiti e hanno favorito un aumento del Pil del 7% nel 2010, (mentre la regione Mena – Medio Oriente e Nord Africa – rallentava). Quest’anno però il turismo è in netto calo e il debito pubblico ha raggiunto i 46 miliardi di dollari nel maggio 2011. Secondo l’agenzia di rating Fitch il debito sovrano dovrebbe stabilizzarsi al 135% del Pil entro la fine dell’anno ma quello libanese rimane il terzo valore più alto dopo il Giappone e la Grecia. La sostenibilità è garantita dalla forza e dall’importanza del settore bancario locale nel debito, che limita le speculazioni.
Il Paese ha vissuto una guerra civile tra il 1975 e il 1990 che ha seriamente danneggiato l’infrastruttura economica e ha dimezzato le esportazioni. Durante il governo di Rafiq Hariri, nel 1992, è stato implementato un programma di austerità che prevedeva un aumento delle tasse e privatizzazioni di imprese statali. Da allora le riforme economiche e finanziarie si sono bloccate e il debito pubblico ha iniziato a crescere, oltreppassando il 100% del Pil in soli 5 anni. Nel gennaio del 2007, più di 40 Paesi del Medio Oriente, Europa e America, nell’assemblea Paris III, hanno offerto 7,5 miliardi di dollari per la ripresa e la ristrutturazione del Libano. Il patto prevede finanziamenti per progetti di sviluppo e per il risanamento del bilancio pubblico, a condizione di un’implementazione di riforme fiscali e un programma di privatizzazioni. Negli ultimi due anni i primi risultati si sono potuti vedere, con un’elevata crescita del Pil, ma il Paese sta iniziando a rallentare.
Il turismo è in calo. Il numero di passeggeri negli aeroporti libanesi ha superato di poco il milione nel primo trimestre del 2011, una diminuzione del 4,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Secondo i dati del Fondo monetario anche il numero di voli ha registrato un declino del 1,3 % nel 2011. Ma soprattutto, in termini di occupazione, il settore alberghiero, che offriva il 73% del lavoro nel 2010, adesso ha una quota che sfiora il 43%. Il ministro del Turismo, Fadi Abboud, ha annunciato domenica che “gli abitanti dei Paesi del Golfo possono entrare in Libano senza bisogno di un visto”, una prima misura per attrarre nuovi turisti. Tutto il settore terziario ha subito un forte ridimensionamento a causa dell’insicurezza e dell’instabilità diffuse nella popolazione. La situazione politica è in stallo ma “può cambiare da un momento all’altro e la guerra può scoppiare in qualsiasi momento.” ha detto Richard Azzam, group manager di Isco (Integrated Services Company), un fornitore di servizi multipli, che si occupa di diversi settori, dallo scambio commerciale all’industria dei gioielli.
Ma anche l’instabilità di tutta l’aerea Mena, soprattutto dopo le rivolte del Nord Africa, ha effetti sull’economia libanese. A rallentare la crescita si aggiunge l’elevata inflazione, del 6,5% circa, che minaccia l’operatività delle piccole e medie imprese. Il quadro si riassume nelle ultime proiezioni del Fondo monetario che stima una crescita del 2,5% nel 2011, rispetto a un 7.5% del 2010. Il Libano diventerebbe così il quarto Paese più lento nel Medio Oriente al momento e ne risentirebbero più di tutti le piccole e medie imprese.
Ma l’ottimismo è un istinto naturale per molte persone e ai libanesi non manca. Il Paese vanta una grande libertà economica: l’indice di libertà economica pubblicato dal Wall Street Journal lo classifica nella media mondiale con con un punteggio di 60.1. Questo è un fattore importante che incoraggia molto le imprese straniere a investire nel Paese. La libertà e le opportunità ci sono, bisonga non farsi scoraggiare dall’incertezza della situazione politica. Per dirlo con le parole di Richard Azzam: “Sono sicuro che quando tornerà la stabilità, l’economia avrà un altro boom”.
(traduzione di Camilla Carabini)
Fonti: Inhad, indexmundi, dailystar.com.lb