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Libano: i limiti delle finanze non sono solo geopolitici

Il Libano ha un’economia basata principalmente sui servizi, che contribuiscono a oltre l’80% del PIL, laddove il settore bancario è molto sviluppato e storicamente il punto di forza dell’economia del Paese. I milioni di libanesi residenti all’estero alimentano una consistente attività di viaggi e turismo che, secondo le stime pubblicate da Intesa Sanpaolo, dà un contributo diretto e indiretto al valore aggiunto pari al 30% del totale. Negli anni scorsi il Paese ha inoltre visto un consistente sviluppo immobiliare, sia residenziale che turistico-alberghiero. La produzione manifatturiera è invece modesta (8,2% del PIL) per cui la domanda di beni capitali e di consumo durevole e semi durevole si indirizza principalmente verso l’estero determinando un consistente disavanzo commerciale (32% del PIL mediamente nel decennio 2004-13). Questo disavanzo è solo in parte bilanciato dal surplus dei conti servizi e trasferimenti e negli ultimi 10 anni la bilancia dei pagamenti ha registrato un disavanzo corrente pari mediamente al 12,1% del PIL. I consistenti flussi finanziari dall’estero per depositi e IDE hanno permesso l’accumulo di rilevanti riserve valutarie, che a fine 2013 ammontavano a 36,4 miliardi di dollari. Il Libano ha un consistente debito pubblico, pari al 127,5% del PIL nel 2012: la quasi totalità di questo debito è però detenuto da residenti, soprattutto banche commerciali. A loro volta le riserve valutarie, comprensive dell’oro, superavano di una volta e mezzo il debito estero a fine 2013.

Purtroppo le statistiche economiche disponibili sono scarse, poco aggiornate e non particolarmente affidabili. I dati più aggiornati sull’andamento dell’economia, fornita dall’Ufficio Centrale di Statistica, si riferiscono al 2012 e stimano una crescita del PIL del 2,5% rispetto al 2% nel 2011. Informazioni riguardo l’andamento dell’economia nel 2013 e nei primi mesi del 2014 si possono ricavare da alcuni fattori di natura sia reale che finanziaria forniti dalla Banca Centrale, la quale calcola un indicatore che misura lo stato dell’economia sulla base di otto variabili: produzione di elettricità, importazioni di prodotti petroliferi, flusso di passeggeri all’aeroporto, domanda di derivati del cemento, import ed export, assegni incassati e offerta di moneta. Questo indicatore ha registrato una crescita media del 3,2% nel 2013. Dal punto di vista del commercio estero si evidenzia un significativo calo dell’export (-9,5%), mentre le importazioni sono risultate sostanzialmente invariate (-0,2%), la cui domanda è stata in parte alimentata dai numerosi profughi provenienti dalla Siria che hanno trovato rifugio nel Paese. In particolare, il volume delle merci movimentate nel porto di Beirut è cresciuto del 14,4%. La massa dei depositi ha registrato nel 2013 un tasso di espansione del 9%, leggermente superiore a quello del 2012 (8%) di cui la parte in valuta, pari a circa il 66% del totale, è aumentata dell’11,2% rispetto al +6,2% nel 2012. Secondo le stime degli analisti circa il 40% dello stock depositi è di non residenti: questi dati suggeriscono che l’incertezza politica non ha intaccato la fiducia nella solidità del sistema finanziario da parte dei milioni di libanesi residenti all’estero e degli investitori provenienti soprattutto dai mercati petroliferi del Golfo. E sulla base di questi indicatori, è possibile stimare per il 2013 un tasso di crescita del 2%.

Il grado di libertà della politica monetaria è limitato dalla politica valutaria di aggancio della moneta al dollaro e dall’elevato grado di dollarizzazione dell’economia: la Banca Centrale mantiene un elevato differenziale positivo tra tassi interni e tassi sul dollaro per favorire l’afflusso di fondi verso le banche, che vanno poi a finanziare l’elevato debito pubblico, e l’accumulo di riserve valutarie. Negli ultimi tre anni il tasso sui depositi pagato dalle banche è stato pari al 5,9%. Di recente la Banca Centrale ha ridotto di 26pb la remunerazione della liquidità in eccesso delle banche con l’obiettivo di sostenere la domanda di titoli del Tesoro. Il debito pubblico è pari a quasi il 140% del PIL, di cui poco meno del 40% in valuta estera. Gli investitori domestici, soprattutto banche commerciali, la Banca Centrale e società controllate dallo Stato, detengono la quasi totalità del debito pubblico in valuta locale e l’80% di quello in valuta estera. Bisogna tuttavia sottolineare come le banche commerciali sostengono i loro acquisiti di titoli con i depositi che per una quota rilevante sono di non residenti, con rischi per il rifinanziamento del debito pubblico e lo stock di riserve. Il deficit pubblico ha superato l’11% del PIL nel 2013, mentre l’onere sul debito impegna quasi il 40% delle entrate dello Stato rendendo le finanze pubbliche estremamente vulnerabili alla dinamica dei tassi d’interesse. Un rapporto di recente presentato dal Governo indica nel 2014 un deficit pari 10,7%.

La Bilancia dei Pagamenti registra un consistente deficit corrente (mediamente pari al 14% del PIL nel quinquennio 2008-12) dovuto alla parte commerciale, mentre i conti “servizi” e “trasferimenti” presentano rilevanti surplus grazie, rispettivamente, ai proventi da turismo e da rimesse dei lavoratori emigrati. Il surplus in conto finanziario deriva principalmente da IDE e dalla raccolta in valuta delle banche, alimentata dai milioni di libanesi che risiedono all’estero. Nei ultimi mesi dello scorso anno le preoccupazioni sugli sviluppi politici interni ed esterni e il deterioramento del quadro macroeconomico hanno portato a nuovi tagli di rating da parte delle principali  agenzie: S&P’s ha portato la sua valutazione da B a B- con outlook negativo, mentre Fitch ha introdotto un outlook negativo nel suo rating B. In effetti, il difficile quadro politico interno rende poco realistico attendersi misure di stabilizzazione dei conti pubblici. I problemi politici interni, uniti alle tensioni che stanno interessando la regione del Medio Oriente, verso la quale l’economia libanese è fortemente esposta per rapporti commerciali, turismo, rimesse dei lavoratori emigrati, investimenti produttivi e depositi bancari, accrescono i rischi sulle prospettive di crescita del PIL e la tenuta dei flussi finanziari dall’estero, indispensabili per sostenere i consistenti deficit “gemelli” del Paese. In una prospettiva di medio-lungo periodo il possibile allentamento delle tensioni geopolitiche rivaluterebbe il ruolo di hub finanziario regionale ricoperto dal Libano in passato e favorirebbe la ripresa dei flussi turistici e degli IDE e, infine, lo sfruttamento dei giacimenti di gas di recente scoperti nel Mediterraneo. Previsioni ufficiali indicano una crescita compresa tra l’1,5% e il 2% nel 2014. Nello scenario alternativo di un sostanziale miglioramento delle condizioni di sicurezza sia interna che esterna il passo dell’economia potrebbe accelerare al 5% nella seconda metà del 2014 e del 6% nel 2015.

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