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“Libano e Bielorussia: l’Europa scenda in campo”, incalza Quartapelle (Pd)

INTERVISTA A LIA QUARTAPELLE, capogruppo Pd nella Commissione Esteri della Camera – “In Libano, Paese chiave negli equilibri della regione, serve un impegno europeo che non sia la somma di interessi nazionali” – “Inaccettabile quello che sta accadendo in Bielorussia: ecco cosa possiamo fare”

“Libano e Bielorussia: l’Europa scenda in campo”, incalza Quartapelle (Pd)

“In Libano il presidente francese Macron ha fatto bene a intervenire subito, perché è un Paese chiave negli equilibri del Medio Oriente. Ma ora serve un impegno europeo che non sia la somma di interessi nazionali”. Lia Quartapelle, deputata del Partito Democratico e grande esperta di politica internazionale (è capogruppo Pd della commissione Affari Esteri e membro della commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni), commenta con FIRSTonline le turbolenze di due Paesi alle porte dell’Europa, Libano e Bielorussia, e sulle cui vicende l’Ue è chiamata finalmente ad assumere una posizione forte e coesa.

Onorevole, partiamo dal Libano. Intanto i fatti: l’esplosione al porto di Beirut ha provocato oltre 200 morti e fatto ripiombare il Paese mediorientale nel caos. Al momento non è ancora chiara la causa: Hezbollah nega l’attentato, Israele gli crede, ma nel mondo occidentale crescono i sospetti. Lei che idea si è fatta? 

“Non sta a me dare una risposta, da lontano, senza conoscere tutti gli elementi. Non voglio alimentare le teorie complottistiche di cui è fin troppo popolata la rete in questi giorni. Sono convinta che serva un’inchiesta indipendente, come chiesto anche da 4 ex primi ministri libanesi. Anche perché i danni sono ingenti: i morti, le persone senza casa, quelle che stanno subendo i danni derivanti dall’esplosione meritano verità e giustizia”.

La strage ha immediatamente mobilitato la comunità internazionale. E’ stato il presidente francese Macron a prendere le redini della situazione, recandosi per primo a Beirut e coordinando gli aiuti. Quale è la posta in gioco e perché Macron ha battuto tutti sul tempo?

“Macron ha fatto bene a intervenire subito, perché il Libano è un Paese chiave negli equilibri della regione. Il Libano è lo Stato cuscinetto tra Israele e Siria; ha un ruolo come hub finanziario della regione; dall’equilibrio tra le sue religioni dipende non solo la stabilità del Paese ma la possibilità di difendere un modello di convivenza plurale in un Medio Oriente sempre più minacciato dal fondamentalismo. Non possiamo permetterci un altro Stato fallito nel Mediterraneo. Non deve essere solo un problema francese ma una questione da affrontare come europei”.

Lei ha ricordato che l’Italia proprio in Libano ha condotto operazioni di peacekeeping in prima linea sia negli anni ’80 che di recente, su iniziativa di Prodi e D’Alema. E’ troppo tardi per ribadire un ruolo di primo piano o possiamo ancora recuperare? E che cosa dovrebbe fare il Governo, ora? 

“Se pensiamo in ottica di sfere di influenza e di competizione tra Paesi europei abbiamo proprio sbagliato. Serve che l’Italia stimoli la Commissione Ue a intervenire come Europa e non come somma di interessi nazionali. C’è molto spazio per fare: pensiamo non solo al ruolo di soccorso e assistenza umanitaria che può svolgere nell’immediato la missione Unifil, a guida italiana, ma alla richiesta di sostegno per ricostruire Beirut e alle necessità di valutazione dell’agibilità dei tanti edifici colpiti dall’esplosione. Sono tutti settori dove l’Italia ha expertise da mettere a disposizione del popolo libanese”.

Tuttavia, Francia a parte, la reazione dell’Europa stessa è stata debole: dei 250 milioni di aiuti già stanziati dopo il vertice convocato da Macron, solo 63 arrivano da Bruxelles, appena di più dei 50 messi dalla Francia. Come valuta finora l’azione dell’Ue? 

“Servono più risorse di quelle stanziate, certamente, ma serve anche la consapevolezza di dover giocare un ruolo politico come Europa. L’esplosione ha definitivamente scoperchiato la grande fragilità del sistema politico libanese, basato su una divisione settaria che può aver aiutato a uscire dalla guerra civile ma che oggi è diventato il pretesto per coprire corruzione e immobilismo. L’Europa deve farsi garante di un nuovo patto rifondativo delle istituzioni e della partecipazione politica in Libano. Il Paese rischia altrimenti di sprofondare in una spirale di accuse incrociate, proteste e ingovernabilità”.

Ancora più tiepido sembra il coinvolgimento di Trump. Gli Usa da tempo conducono una politica di disimpegno in Medio Oriente. Un’occasione per l’Italia e per l’Europa di giocare un ruolo ancora più centrale? 

“Più che una occasione è a questo punto un dovere. Ogni crisi aperta nel Mediterraneo evidenzia l’assenza degli Stati Uniti e ci fa sentire come urgente la necessità di darci, come europei, una linea comune di condotta per pacificare, stabilizzare e favorire lo sviluppo del Mediterraneo”.

Che interessi economici ha l’Italia in Libano? Proprio nei giorni scorsi Federpetroli ha fatto sapere che la distruzione del porto creerà grosse perdite all’export italiano della raffinazione di petrolio. C’è solo questo o anche altro? 

“A me sembra sempre molto sminuente che ogni volta che si invoca la presenza italiana nel Mediterraneo si debba fare riferimento a interessi economici. Badi bene: gli interessi economici, connessi sia all’approvvigionamento di materie prime che all’export, ci sono e sarebbe naïf da parte mia fingere che non giochino un ruolo. Ma credo che l’Italia debba occuparsi di quello che succede nel Mediterraneo non solo perché ci conviene dal punto di vista economico, ma perché quella è la nostra vocazione. Dal punto di vista geografico, storico e geopolitico”.

Chiudiamo con la Bielorussia. Il presidente uscente Lukashenko reclama la vittoria alle elezioni ma nel Paese salgono le proteste. Russia e Cina hanno immediatamente riconosciuto la validità del voto, a dimostrazione che anche lì si gioca una importante partita geopolitica. Che idea si sta facendo?

“Quello che sta accadendo in Bielorussia è inaccettabile. A fronte di una campagna elettorale partecipata all’insegna di una pressante richiesta di cambiamento, il regime di Lukashenko sta rispondendo nel peggiore dei modi. Le notizie di brogli, di intimidazioni e violenze, di migliaia arresti indiscriminati tra manifestanti pacifici, l’oscuramento sistematico di internet, l’intimidazione violenta delle leader dell’opposizione sono tutti atti gravissimi che ledono la libertà dei cittadini e i diritti umani. Non c’è spazio ai confini dell’Europa per chi reprime il proprio popolo e usa la violenza per restare al potere”.

Come si sta muovendo l’Europa?

“L’Europa è stata molto chiara. Come forze di maggioranza stiamo lavorando a una risoluzione per condannare quanto sta accadendo in tutta la Bielorussia, chiedere sanzioni per gli individui che stanno ordinando e guidando la repressione e renderci disponibili a offrire asilo a chi sta scappando dalla violenza”.

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