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L’export fa ben sperare: il 2024 prevede fatturati a +2%, ma ci sono rischi nascosti nella supply chain

Secondo l’Allianz Trade Global Survey, l’82% delle imprese prevede un aumento del fatturato export, con l’Italia che si distingue per un’aspettativa di crescita particolarmente positiva. Tuttavia, pesano i rischi di pagamento e delle catene di approvvigionamento

L’export fa ben sperare: il 2024 prevede fatturati a +2%, ma ci sono rischi nascosti nella supply chain

L’Allianz Trade Global Survey 2024 dipinge un quadro di cauto ottimismo per le esportazioni globali nel 2024. L’82% delle imprese intervistate prevede un aumento del fatturato export, con l’Italia che si distingue per un’aspettativa di crescita particolarmente positiva. Tuttavia, a pesare sono rischi geopolitici, carenza di manodopera e problemi di pagamento.

L’indagine, giunta alla sua terza edizione, ha interessato oltre 3.000 esportatori in Cina, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Regno Unito e Usa. In Italia, in particolare, la percentuale delle imprese che si attendono un aumento del fatturato del 2% nel corso dell’anno ha raggiunto quota 84%, il 19% in più del 2023. Secondo le stime, il valore delle esportazioni italiane dovrebbe crescere di circa 20 miliardi rispetto all’anno precedente, pari al 20% in più sul 2023.

I rischi legati alle supply chain

Tuttavia, il rischio di mancato pagamento resta la principale preoccupazione, con quasi il 70% degli intervistati che viene pagato tra i 30 e i 70 giorni, con un numero leggermente più elevato in Regno Unito, Francia e Usa. In un contesto di minore crescita e incertezza geopolitica crescente, il 42% delle imprese prevede che i termini di pagamento delle esportazioni saranno più lunghi nei prossimi 6-12 mesi, il che significa una maggiore pressione sui flussi di cassa.

Alla domanda su quali siano i tre principali rischi che minacciano maggiormente i propri siti di produzione all’estero, gli intervistati citano più spesso questioni legate al modo in cui sono strutturate le catene di approvvigionamento, come complessità, concentrazione o concorrenza. I rischi legati a geopolitica, politica al protezionismo vengono menzionati solo successivamente, seguiti, a loro volta, dalle sfide Esg.

In questo contesto, per mitigare le interruzioni delle catene di approvvigionamento, le società stanno aumentando la due diligence Esg sui fornitori e l’acquisto di assicurazioni sui rischi. Mentre il 53% degli intervistati dichiara di prendere in considerazione la possibilità di trasferire parti della propria catena di approvvigionamento a causa dei crescenti rischi geopolitici, quelli che stanno effettivamente compiendo passi concreti in questa direzione risultano essere meno numerosi.

La sostenibilità guadagna terreno, ma a rilento

Solo il 27% degli intervistati è fermamente convinto che la propria azienda abbia attuato misure Esg che abbiano conseguenze significative sull’attività, dal passaggio verso modalità più sostenibili, per quanto riguarda le scelte logistiche (26%) e dallo sviluppo di prodotti più sostenibili (25%) al miglioramento della resilienza climatica delle catene di approvvigionamento (23%).

Il 76% degli intervistati dichiara che la propria azienda dispone di un piano chiaro per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, indipendentemente dalla fluttuazione dei prezzi. Quasi 2 aziende su 3 prevedono di ridurre le emissioni dell’1-5% nei prossimi 12 mesi, una percentuale che pone ragionevoli quesiti sull’effettiva possibilità dell’obiettivo zero emissioni entro il 2050.

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