Le “terre rare” (metalli insoliti usati nell’alta tecnologia) erano balzate agli onori della cronaca qualche mese fa, quando la Cina aveva ventilato restrizioni all’export. La Cina in effetti ha quasi un monopolio delle terre rare, fornendo circa il 90% del consumo mondiale, e questo dominio del mercato è pericoloso per le imprese che usano questi metalli. Ma nel week-end si è appreso che nei primi 4 mesi dell’anno l’export cinese di terre rare è aumentato di quasi un terzo rispetto all’anno scorso, secondo gli analisti della «Economic Information and Agency» di Hong Kong. Le autorità cinesi, insomma, abbaiano ma non mordono. E sanno che se tirano la corda ci sarà una corsa allo sfruttamento di altri giacimenti di terre rare (la Cina produce il 90% ma ha il 50% delle riserve mondiali). Anche lo sfruttamento di altre fonti di terre rare ha però i suoi problemi: sabato i manifestanti malesi a Kuala Lumpur hanno protestato contro una raffineria di terre rare in costruzione in Malaysia: i minerali da trattare provengono dall’Australia occicdentale, ma contengono il torio, un minerale radioattivo.