Era nell’aria, ma dal primo gennaio è diventato realtà: l‘accordo che consentiva alla Russia di inviare gas attraverso l’Ucraina è scaduto, e Mosca ha deciso di chiudere i rubinetti. Alle 8 ora di Mosca (le 6 in Italia), Gazprom ha cessato il transito di gas tramite i gasdotti ucraini, segnando la fine di un accordo tra le parti in vigore dal 2019. La multinazionale russa, controllata dal Governo, non ha più la possibilità legale e tecnica di trasportare gas in Europa.
L’interruzione è stata determinata dal rifiuto dell’Ucraina di rinnovare l’accordo, una scelta legata alla guerra in corso e alla volontà di Kiev di interrompere ogni legame con la Russia, anche sul piano energetico. Già in passato, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva dichiarato di non voler più permettere alla Russia di guadagnare denaro grazie al gas che attraversava il suo territorio, dando ai Paesi europei circa un anno di tempo per trovare alternative. Dal primo dell’anno sono interrotte anche le forniture di gas alla Moldavia.
L’Europa risentirà della mancanza di gas? Se prima dell’invasione il gas russo copriva circa il 40% del fabbisogno energetico europeo, nel 2023 questa percentuale è scesa a circa l’8%. A soffrire maggiormente la carenza di gas, però, saranno in particolare tre Paesi dell’Europa centrale: Ungheria, Slovacchia e Austria, che continuavano a essere fortemente dipendenti dalle forniture russe. Per questi Paesi, l’interruzione delle forniture rappresenta un problema serio, soprattutto per la Slovacchia, che subirà l’impatto più pesante.
La Slovacchia, invece, sarà il Paese maggiormente colpito. L’Ungheria, pur mantenendo legami ambigui con la Russia, potrà continuare a ricevere gas grazie al gasdotto TurkStream, che attraversa il Mar Nero, riducendo così le difficoltà.
Per l’Ucraina, l’interruzione del flusso di gas rappresenta anche una grossa perdita di ricavi derivanti dalla tassa sul transito del gas russo.
Il prezzo del gas torna a salire
Lo stop delle forniture di gas russo ha già fatto risalire il prezzo che è tornato sopra i 50 euro al megawattora, un livello che non si registrava dal novembre 2023. Questo aumento, che ha superato il 4%, è dovuto principalmente ai timori legati alla crescita della domanda, considerando la severità dell’inverno, ma anche alle continue tensioni geopolitiche.
Nonostante il gas russo rappresenti solo il 5% del fabbisogno energetico europeo, l’interruzione delle forniture attraverso l’Ucraina rischia di esercitare ulteriore pressione su un mercato già fragile. Di conseguenza, le bollette energetiche potrebbero subire forti aumenti, con il rischio di raggiungere nuovi livelli record.
L’Europa si dice pronta
In questo contesto complesso, l’Unione Europea si dichiara pronta ad affrontare la situazione. Una portavoce della Commissione Ue ha sottolineato che “l’impatto sulla sicurezza del nostro approvvigionamento sarà limitato” grazie a un’infrastruttura sufficientemente flessibile per garantire rifornimenti alternativi, soprattutto per i Paesi dell’Europa centrale e orientale. L’interruzione del transito del gas attraverso l’Ucraina, avvenuta il 1° gennaio, era prevista e che l’Unione era preparata a gestirla.
Sul fronte delle soluzioni alternative, Dtek, la principale compagnia energetica privata ucraina, ha ricevuto il suo primo carico di gas naturale liquefatto (Gnl) dagli Stati Uniti, segnando un passo importante nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento di Kiev.
Ma il Gnl è diventato una risorsa fondamentale per l’Ue. Nel 2023, l’Europa è diventata il principale importatore mondiale di Gnl, con oltre 120 miliardi di metri cubi importati, soprattutto da Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Italia. L’invasione russa ha accelerato gli investimenti nell’infrastruttura per l’importazione di Gnl, con progetti che beneficiano di cofinanziamenti dell’UE e procedure accelerate.
L’Italia si è adeguata tempestivamente a questa nuova soluzione. In questi giorni è arrivato un nuovo rigassificatore a Ravenna, gestito da Snam, e con la sua entrata in funzione la capacità complessiva di rigassificazione del Paese aumenterà a 28 miliardi di metri cubi. Questo volume corrisponde alla quantità di gas che l’Italia importava dalla Russia via gasdotto nel 2021, prima del conflitto con l’Ucraina. Il gas naturale liquefatto rappresenta ora circa il 25% del consumo totale di gas in Italia, consolidando il suo ruolo strategico nella sicurezza energetica del Paese. Oltre al terminal di Ravenna, i principali terminali di rigassificazione in Italia sono quattro: il terminal di Panigaglia a La Spezia, attivo dal 1971, terminale Adriatic LNG a Rovigo, in funzione dal 2009, l’FSRU OLT Toscana a Livorno, operativo dal 2013, e l’FSRU Italis LNG a Piombino, che è diventato operativo nel luglio 2023.
Zelensky: “Fermiamo Putin”
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel discorso di fine anno, ha affrontato con determinazione il difficile periodo che sta vivendo, in un contesto internazionale sempre più orientato a porre fine alla guerra: “Che il 2025 sia il nostro anno, l’anno dell’Ucraina. La pace non sarà un regalo, ma faremo tutto il possibile per fermare la Russia e mettere fine al conflitto. Lo dobbiamo alla Madre Ucraina, che merita di vivere in pace. Come presidente e come cittadino, farò tutto il necessario per raggiungere questo obiettivo, sapendo di non essere solo: milioni di ucraini sono al mio fianco, forti, liberi, indipendenti”.
Sul piano internazionale, Zelensky ha espresso fiducia negli Stati Uniti: “Non ho dubbi che il nuovo presidente americano abbia la volontà e la capacità di portare la pace e porre fine all’aggressione di Putin. Questa non è una semplice disputa tra due parti, ma l’attacco di uno Stato folle contro uno civile. Insieme possiamo costringere la Russia a rispettare un mondo giusto.”
Il presidente ha ribadito l’importanza di non dimenticare le atrocità subite: “La Russia ha distrutto città e villaggi, strappato la vita a migliaia di ucraini. Un mondo giusto non può nascere dal principio di azzerare tutto, perché il punteggio non è 0-0.”
Infine, Zelensky ha rivolto un appello al popolo slovacco e ungherese, dopo le tensioni con i loro leader Robert Fico e Viktor Orban: “So che siete con noi, dalla parte della verità. Anche i vostri governi devono accettarlo. Non c’è motivo di temere l’ingresso dell’Ucraina in Europa; al contrario, dobbiamo fare di tutto per impedire che la Russia vi entri con i suoi carri armati e il suo male. La libertà spaventa i russi perché è qualcosa che non conoscono, ma noi non possiamo permetterci di arretrare.”