La questione è semplice: la manifestazione di sabato prossimo “pro Europa”, nata dall’iniziativa di Michele Serra, uno stimato giornalista di Repubblica, strada facendo si è trasformata in una manifestazione contro il piano di riarmo dell’Europa proposto da Ursula von der Leyen. Di fatto, è una manifestazione contro l’Europa che c’è e a favore dei pasticci che stanno cercando di imbastire Trump e Putin. Dire, come ha fatto la segretaria del Pd, Elly Schlein, che si vuole un vero esercito europeo e che non devono essere i singoli Stati a provvedere ad un rafforzamento del loro dispositivo di difesa, è un po’ come buttare la palla in tribuna. Ci si dimentica di un antico adagio secondo il quale il “meglio è nemico del bene”. Si trascura l’urgenza, e sottolineo urgenza, di dotare i paesi europei di un apparato militare in grado quantomeno di proteggerli dai malintenzionati, visto che gli Usa, ai quali avevamo appaltato quasi interamente la nostra sicurezza, stanno dicendo chiaramente che vogliono ritirarsi dal Vecchio Continente, che non saranno più i gendarmi del mondo (peraltro molto criticati) e che gli europei, con un po’ di buona volontà, possono difendersi da soli.
Europa senza difesa: perché non possiamo ignorare l’urgenza
Dal punto di vista strettamente militare, il piano della Commissione europea punta a mettere riparo a oltre trent’anni di abbandono degli apparati di difesa. Ad esempio, non abbiamo sufficienti strutture di intelligence, né capacità di osservazione satellitare o di comunicazioni. Non abbiamo difesa antiaerea contro i missili di qualsiasi natura e, in Italia, ad esempio, non abbiamo nemmeno i droni, né quelli di poche migliaia di euro né quelli più sofisticati. Altro che muovere guerra a qualcuno, come va cianciando Conte e la sua corte di beceri, o Salvini che, nella disperazione di essere precipitato nell’irrilevanza, cavalca tutti i mantra populisti. Ma la pace non è quella che arriva se si urla forte nelle piazze o si parla a vanvera insultando capi di Stati amici o la Commissione di Bruxelles, né tantomeno con le bandiere portate da Landini. La pace si deve ottenere con processi politici logici e lungimiranti. Ed è sicuro che se ci si presenta al mondo disarmati, non si ottiene il rispetto degli altri, ma, al contrario, si suscitano i loro appetiti.
Dal punto di vista politico, non dice nulla il fatto che l’Europa non sia stata nemmeno presa in considerazione dai capi delle superpotenze che si apprestano a trattare sulla pelle dell’Ucraina? E non ci si deve allarmare per le sparate di Trump e dei suoi uomini, che spesso non si sa cosa vogliono, ma su una cosa sono chiarissimi: l’Europa gli sta sulle scatole e vogliono eliminare la Ue (in unità d’intenti con Putin).
Più Europa, ma senza inciampi
Il povero Serra aveva avuto una buona idea. Abbiamo bisogno di più Europa, non solo per la difesa, ma anche per il rilancio delle nostre economie e per tornare ad avere una voce nel mondo sui tavoli che contano. Ma la strada da fare è ancora lunga, e non si possono fare salti nel vuoto. Per il momento, potremmo rafforzare le nostre difese, sfruttando al massimo le capacità di coordinamento industriale previste nel piano von der Leyen, dotato di 150 miliardi europei, e magari fare qualche sostanzioso passo avanti sulla creazione di un mercato comune dei capitali e, se possibile, delle banche. L’Unione politica europea non è matura. I vari paesi non si fidano l’uno dell’altro. E certo, l’Italia continua a non mostrarsi affidabile. La destra della Meloni non vota la risoluzione del Parlamento europeo sull’Ucraina. Il Pd si spacca sulla votazione del piano di riarmo tra i 10 deputati che hanno votato a favore e gli 11 che si sono astenuti. E poi la Meloni non vuole partecipare al vertice di Londra e si ritrae offesa di non avere un ruolo di primo piano.
Insomma, quando si tratta di prendere decisioni importanti, l’Italia si spappola. E la manifestazione di sabato prossimo non fa altro che aggiungere confusione a confusione.