Tutto si giocherà nei prossimi 10-12 giorni, da qui all’8-9 dicembre, quando si terrà il nuovo attesissimo vertice europeo. O in quell’occasione l’Europa, dopo troppi ritardi e colpevoli ondeggiamenti, batterà davvero un colpo, facendo capire ai mercati che ha i mezzi e la volontà politica di salvare l’euro, oppure sarà la fine. E in questa seconda sciagurata ipotesi le grandi banche americane e asiatiche, che sono già in libera uscita dall’eurozona, torneranno ad allestire i loro piani d’intervento per gestire il dopo-euro. L’allarme lanciato nelle ore scorse da Moody’s sul rischio di default multipli fotografa la delicatezza e la pericolosità del momento e lo stato di guerra che si vive ogni giorno sui mercati pro o contro l’euro.
Già domani, nella riunione dell’Ecofin alla quale parteciperà Mario Monti in qualità di ministro dell’Economia ad interim, servirà a capire in che direzione l’Europa si sta incamminando. Ma, dopo il pressing di Sarkozy sull’Italia (“Chi colpisce l’Italia colpisce al cuore la moneta unica ma voi italiani fatte quello per cui vi siete impegnati”), l’orizzonte sembra un po’ più chiaro, nel senso di un nuovo Patto di stabilità che preveda norme e sanzioni più stringenti sui bilanci degli Stati e un passo verso l’unione fiscale europea ma che comprenda anche la piena partecipazione dell’Italia, se saprà rispettare le severe condizioni previste che dovranno tener conto sia dell’evoluzione del deficit e del debito che le prospettive di crescita.
Il meccanismo potrebbe essere quello delle adesioni dei singoli Paesi sul modello di Schengen. Sembra perdere quota invece l’ipotesi, caldeggiata dai Paesi nordici, di un club della tripla A (Germania, Austria, Lussemburgo, Olanda, Finlandia e per ora Francia) che darebbe luogo a una sorta di SuperEuropa con esclusione dell’Italia (ma in prospettiva con problemi anche per la Francia) e con l’avvio di una sorta di Euro a due velocità.
Molto dipenderà anche da Monti: in due direzioni. In primo luogo nella capacità di varare nel Consiglio dei Ministri del 5 dicembre un pacchetto di interventi d’emergenza e di prime riforme che dimostri con i fatti la concreta volontà di voltare pagina e di riprendere il controllo della situazione economica e finanziaria, mettendo al primo posto la crescita come via maestra per ridurre l’enorme montagna del debito pubblico. E in secondo luogo esercitando un ruolo attivo in Europa per far pesare la rinnovata credibilità italiana evitando insidiose conventio ad excludendum.
Domani Monti dovrà affrontare nuovamente – oltre a definire la squadra dei sottosegretari e a partecipare all’Ecofin – l’esame dei mercati con un’asta dei Btp molto insidiosa e non c’è dubbio che un prestito, come quello ventilato e poi smentito del Fmi di 600 miliardi a un tasso del 4-5%, farebbe comodo come soluzione-ponte (anche se certamente non gratuita) per traghettare l’Italia sulla via delle riforme senza l’incubo delle aste dei Btp. Ma non è detto che sia la soluzione migliore e soprattutto che sia l’unica. Non per caso a caldeggiarla è più la Francia che l’Italia.
Decisivo sarà il ruolo che in questa fase così drammatica della crisi svolgerà la Bce e solo adesso anche i ciechi vedono quanto importante sia la presidenza Draghi, non perchè sia italiano ma perchè ha la competenza e la credibilità per gestire casi complessi come questo passaggio epocale della crisi. Senza attendere i tempi lunghi di un cambiamento di trattati e statuti, già oggi Draghi – nella sua autonomia – potrebbe, come in effetti si ventila, annunciare a ridosso del vertice europeo un’offerta illimitata di liquidità per le banche europee a due o tre anni che ridarebbe finalmente ossigeno al mondo del credito e ai finanziamenti all’economia, alle imprese e alle famiglie.
Ma dalla Bce è attesa anche una seconda mossa dopo che Monti avrà garantito, con la manovra del 5 di dicembre, un percorso di stabilizzazione finanziaria dell’Italia e cioè l’annuncio di obiettivi di spread dei titoli di Stato oltre i quali interverrebbe con forza illimitata la stessa Bce. “Ma le soglie – nota oggi Federico Fubini sul Corriere della Sera – saranno abbastanza alte da obbligare i governi a fare comunque la propria parte per abbassare i rendimenti”.
Insomma, il percorso per salvare l’euro e scongiurare le profezie più cupe è tracciato. Tocca all’Europa fare la propria parte: adesso o mai più.