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“Lettere dalle case chiuse” di Lina Merlin e Carla Barberis

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Rileggendo le molte lettere, la maggior parte non anonime, che ricevette Lina Merlin “dalle case chiuse” si spalanca una porta sulla realtà di miseria e di desolazione morale dell’Italia del dopoguerra che coinvolgeva alcune migliaia di. donne e i loro figli in una sorta di ghetto sociale da cui era assai arduo uscire. Le lettere di consenso che riceve Lina Merlin offrono, in un lessico semplice e con drammatica chiarezza, argomenti assai convincenti.

In questi scritti affiora non sono la volontà di non essere più oggetto di sfruttamento nei postriboli controllati dallo Stato, ma, soprattutto la speranza di ritrovare una vita normale mettendosi alle spalle tutte le ignobili vessazioni. burocratiche e le regole discriminatori che impedivano l’esercizio dei più elementari diritti civili come il lavoro o matrimonio con pubblici dipendenti. Ma le curatrici del libro hanno pubblicato anche lettere contrarie alla soppressione delle “case chiuse”. A parte quelle offensive o inutilmente polemiche contro la “moralista”. Merlin, ve ne sono alcune che pongono questioni tutt’oggi aperte. Alcune donne rivendicano il diritto di svolgere la loro attività come una professione, altre esprimono forte preoccupazione sulle conseguenze dell’approvazione della legge in discussione e non credono che le cose possano cambiare, anzi temono un peggioramento delle loro condizioni. Queste ultime lettere oggi devono far riflettere.

La Senatrice socialista, che fin da giovane fu a fianco di Giacomo Matteotti nella lotta antifascista, subì il ccefi.no, partecipò alla Resistenza e fu eletta all’Assemblea Costituente formulando l’articolo della Costituzione che garantì la parità tra -tienilo e donna. Con la sua proposta di legge, non si illudeva di abolire la prostituzione, ma voleva abolirne lo sfruttamento, a maggior ragione da parte dello Stato.

Dal 1958 tutti i governi, di qualunque colore fossero i Parlamenti e le forze politiche, hanno sempre assunto la linea della tacita tolleranza dello sfruttamento della prostituzione.

A quasi sessant’anni dall’entrata in vigore della legge, si può affermare che l’eredità del lavoro di Lina Merlin sia stata tradita. Le barriere burocratiche che imprigionavano le abitanti delle “case chiuse” sono state abbattute ma la lotta allo sfruttamento della prostituzione oggettivamente segna il passo. Naturalmente non stiamo parlando di chi sceglie liberamente di prostituirsi.

Il fenomeno del lenocinio organizzato ha cambiato aspetto, ma la realtà è spesso di gran lunga peggiore del passato. Qualche sindaco ha pensato di porre rimedio attraverso sanzioni. a carico dei “clienti”, Da sola questa, misura toglierebbe le persone dalla strada ma non eliminerebbe lo sfruttamento. Al di là degli aspetti culturali e ambientali serve qualcosa che produca un impatto concreto nel. perseguire tutti coloro che traggono illeciti benefici dal mercato del sesso. Ma questa è una decisione politica che richiederebbe l’impiego di risorse ed energie da parte delle istituzioni, se questo obiettivo è considerato una vera priorità.

Sarebbe significativo che, a partire dalle associazioni impegnate sul fronte femminile Che rivendicano la centralità della questione femminile o di “genere”, si avviasse un confronto per giungere a proposte concrete. Significherebbe raccogliere il testimone di Una Merlin per dare continuità al suo impegno politico e civile.

°°°L’autore è il Presidente della Fondazione Kuliscioff

 

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