“Un incontro lungo, positivo e fruttuoso che conferma il nostro comune impegno. Lavoreremo bene insieme”. Questa la dichiarazione congiunta pubblicata su Twitter dal premier Enrico Letta e da Matteo Renzi, neo-eletto segretario del Pd, che ieri hanno avuto un colloquio a Palazzo Chigi.
L’argomento più urgente e delicato che il nuovo leader del partito di maggioranza deve affrontare è senz’altro la riforma della legge elettorale. A quanto si apprende, Renzi avrebbe intenzione di discuterne con tutti i partiti, per fare in modo che siano le forze politiche ad avanzare una proposta concreta e in grado di raccogliere il più ampio consenso possibile. Si allontana quindi l’ipotesi di un disegno di legge a cura del Governo, una extrema ratio che Letta non sembra affatto dispiaciuto di accantonare. Renzi ha voluto garanzie sul bipolarismo, ha fatto capire al Premier che i tre milioni delle primarie hanno votato per una legge elettorale di impianto maggioritario e che, se non arriveranno segnali di apertura su questo punto, il Pd andrebbe avanti sulla sua linea vedendo chi ci sta.
Ieri il segretario democratico ha anche presentato la sua squadra: “Nell’autonomia del mio ruolo ho chiesto a 12 persone di darmi una mano nella segreteria – ha detto -. Cinque uomini e sette donne. Sulla base del noto principio per cui le pari opportunità non vanno bene, ce ne vuole una in più”. L’età media è 36 anni. Ecco i nomi: Luca Lotti sarà il responsabile dell’organizzazione, Filippo Taddei all’economia, Stefano Bonaccini agli enti locali, Francesco Nicodemo alla comunicazione, Davide Faraone a welfare e scuola, Maria Elena Boschi alle riforme, Marianna Madia al lavoro, Federica Mogherini all’Europa, Debora Serracchiani alle infrastrutture, Chiara Braga all’ambiente, Alessia Morani alla giustizia, Pina Picierno a legalità e Sud e Lorenzo Guerini portavoce.
“Non c’è un braccio di ferro coi gruppi parlamentari del partito – ha concluso Renzi -. Due milioni e novecentomila persone si sono espresse. Io do per scontato che vogliano la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto, il risparmio di spesa per un miliardo. Non farlo sarebbe contraddire le scelte che vengono dalla base. Per questo non sono preoccupato per tensioni che vengono dai gruppi parlamentari”. Quanto alla possibilità di togliere la fiducia all’Esecutivo, “il tema non è all’ordine del giorno”.
In cambio di un patto chiaro fino al 2015, Letta è pronto a mettere sul tavolo un programma di riforme che leghi la modifica della legge elettorale in senso bipolarista ad alcune mirate correzioni della Costituzione, come indicato anche da Giorgio Napolitano: riduzione dei parlamentari e senato federale. Del resto, tra gli uomini di Letta c’è la convinzione che Renzi non abbia molte alternative: “Un patto con Berlusconi e Grillo è da escludere, non può permetterselo”.
D’altra parte, spiegano fonti vicine a Letta, “è chiaro che Matteo ha bisogno di portare a casa qualche risultato subito, non può permettersi di prendere il 25% alle europee, la sua prima prova da segretario. Si farà in modo di dargli il trofeo della legge elettorale prima del voto per il Parlamento europeo, un grande traino in campagna elettorale”. Soprattutto, un’ottima assicurazione sul fatto che non venga disegnato a tavolino uno scenario di larghe intese a vita. Il percorso concordato prevede allora che Letta esponga il suo programma mercoledì per la fiducia e che, su quella base si inizi a lavorare e si vada ad una “verifica” a gennaio. Di fatto, il “patto alla tedesca” anticipato da Renzi la scorsa settimana.