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Letta all’assemblea annuale di Confindustria: “Dobbiamo recuperare la leadership industriale”

“Per troppi anni si è trascurata l’industria manifatturiera, in Italia e in Europa, pensando di poterne fare a meno. I risultati sono stati negativi ma ora l’industria è tornata in cima alle priorità del governo e dell’Europa”. Queste le parole con cui il presidente del Consiglio Enrico Letta ha raccolto l’appello di Giorgio Squinzi, intervenendo all’assemblea annuale di Confindustria.

Le dichiarazioni di Letta hanno preso spunto dai dati di Usa e Giappone, Paesi che “hanno ripreso vigore e forza: gli Usa con il gas, il Giappone con le scelte che la Banca del Giappone e il governo hanno fatto”.  “Forse è finito il girone di andata, durato più di un decennio, quando si è pensato in Italia e in Europa di poter fare a meno dell’industria, arrivando a risultati non positivi” ha detto Letta.

Il presidente del Consiglio ha proseguito così: “Nel 2020 dobbiamo raggiungere il 20% di attività prodotta dall’industria in Europa e in Italia. E’ uno sforzo importante, ma dobbiamo farlo se vogliamo che l’Europa torni ad essere leader nel mondo e (noi italiani) giocare ancora un ruolo importante”. Letta ha aggiunto che, però, “l’industria deve cambiare, deve essere più attenta al capitale umano, all’ambiente e all’internazionalizzazione perchè ormai siamo in un mercato globale”.

“Il nostro impegno – ha detto il premier – sarà totale. E si aggiungerà a quello della “sburocratizzazione, della lotta all’evasione e del controllo dei costi dell’energia (che è troppo cara a livello europeo, figuriamoci a livello italiano)”. Poi Letta ha accennato alle misure del suo governo relative al taglio dei costi dei parlamentari: “La politica forse troppo tardi ha capito la lezione che, se non si riesce ad essere credibili, austeri, con costi della politica ridotti, non c’è possibilità di svolgere un’azione efficace. Abbiamo voluto dare un segno con l’abolizione del doppio stipendio per i parlamentari che fanno anche parte del Governo. Continueremo con la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione del finanziamento ai partiti e la cancellazione delle Province dalla Costituzione”.

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