Andrea Graziosi, docente di Storia contemporanea all’Università Federico II di Napoli, ha pubblicato a febbraio 2019 con Il Mulino il saggio Il futuro contro. Democrazia, libertà, mondo giusto con l’obiettivo di far riflettere e discutere della situazione in cui versa quello che viene da tutti indicato come Occidente, e l’Italia all’interno di esso.
Il mutamento radicale in atto in tutto il mondo ha letteralmente fatto sbandare l’Occidente, quindi anche Europa e Italia, palesando la sua pressoché totale incapacità di trovare risposte, alternative e nuovi principi fondativi per riadattare alle nuove condizioni quelli esistenti.
Uno degli errori più comuni, commesso anche in Italia, sono le politiche e i tentativi di riportare economia e società allo status quo precedente la Grande Crisi, far ripartire la crescita e ritornare alla mitica età dell’oro del secolo scorso. Nulla di più sbagliato.
Per Graziosi quanto accaduto in quello che ormai deve essere considerato, perché lo è a tutti gli effetti, il passato è riconducibile a tutta una serie di congiunture favorevoli e condizioni straordinarie che hanno reso possibile un’elargizione di privilegi e benefici ad ampie fette non solo di classi dirigenti e politiche ma anche di privati cittadini. Una situazione che raramente si ripresenterà.
Da ciò nasce anche l’atteggiamento molto ostile nei confronti delle élite tradizionali incapaci ormai di continuare a garantire la incessante e costante crescita del tenore di vita e l’ampliamento di quelli che vengono indicati come “diritti”, ma che in realtà, come ricorda più volte Graziosi, sono privilegi consentiti proprio dalle condizioni straordinarie che hanno permesso la crescita continua e il benessere diffuso, ottenuto in verità quasi sempre a credito, ovvero bruciando anno dopo anno risorse maggiori di quelle realmente possedute.
Ovvio quindi che la riduzione drastica di quest’ultime ha generato una altrettanto cospicua riduzione dei “diritti”, ovvero dei privilegi. E la rabbia diffusa tra le popolazioni occidentali, Europa e Italia incluse in toto, sarebbe dovuta alla volontà di non pagare un conto molto salato per “consumazioni” che altri avrebbero ordinato per noi.
Nell’analisi di Graziosi, il razionamento di scarse risorse e i conflitti da questo generati, la paura della diversità e dell’immigrazione, nonché il calo dell’ottimismo, che prendono il posto delle antiche lotte su come meglio distribuire una ricchezza che sembrava infinita in società sempre in crescita e che sembravano tendere verso l’omogeneità, potrebbero spingere la democrazia verso un conflitto tra spinte demagogiche – nel senso classico del termine – e tendenze elitarie – nutrite anche dalla meritocrazia della società della conoscenza – che ne metterebbe in difficoltà strutturale la natura aperta e liberale, fino ad oggi conosciuta e amata.
Per ammissione dello stesso autore, Il futuro contro non può essere considerato un saggio storico o di geopolitica in senso stretto, piuttosto una raccolta di considerazioni, enunciate a titolo personale, volte a dare forza e vesti nuove a ideali in cui egli ha sempre creduto e continua a credere, un liberalismo progressista capace di mettere al primo posto libertà e apertura, ma cosciente che bisogna fare i conti con identità, esclusioni, sofferenze e diversità senza per questo imboccare «strade sbagliate come il socialismo, il nazionalismo o uno dei loro tanti ibridi».
I ceti colti e benestanti progressisti, che partecipano dei frutti della conoscenza e della globalizzazione, avrebbero contribuito, secondo Graziosi, alla sostituzione della “vecchia dicotomia” – che era comunque più forte nelle retoriche che nella realtà – tra una destra nazionalista e sostenitrice del mercato e una sinistra statalista ma comunque “nazionale” – «e spesso anch’essa nazionalista».
Tale dicotomia sarebbe stata sostituita da quella che vede contrapposti i favorevoli e gli ostili a un cambiamento accelerato dall’apertura e dalla globalizzazione. La sinistra avrebbe così fatto propri dei principi liberali (merito, mercato, competizione, ecc.), mentre la destra avrebbe via via abbandonato il sostegno all’economia liberale, riavvicinandosi alle posizioni della tradizionale destra nazionalista e antimercato. La sostituzione della dicotomia originaria avrebbe inoltre contribuito a spostare la linea di confine tra destra e sinistra dall’economia alla cultura.
Le questioni economiche avrebbero così perso sempre più di importanza come indicatori diretti degli orientamenti elettorali, sostituiti da fattori come il multiculturalismo, legato anche all’immigrazione, all’ambiente, alla razza e ai comportamenti di genere. Ciò probabilmente contribuisce a spiegare il risentimento che il progressismo colto e benestante si è attirato, rendendosi odioso anche perché soddisfatto di sé e privo di sensi di colpa visto che la sua posizione sociale è, al contrario delle vecchie élite, “meritata”.
Soddisfatto dei risultati raggiunti e orgoglioso delle proprie convinzioni, esso sembra vivere in quella che è stata definita “bolla culturale, valoriale e di benessere”, concentrandosi sui problemi che emergono all’interno di essa e applicando all’esterno la moltiplicazione infinita «dello schema intellettuale nuovi soggetti-nuovi diritti».
Il libro di Graziosi analizza nel dettaglio gli aspetti focali del progressismo liberale, i punti di forza come anche quelli di debolezza, gli sviluppi positivi e negativi, le degenerazioni e le crisi tentando di far luce soprattutto su quelle peculiarità che egli considera i capisaldi di un sistema economico e sociale che non può e non deve essere sostituito, ma certamente modificato, adattandolo ai mutamenti avvenuti come anche a quelli in atto in tutto il mondo, non soltanto nella sua parte occidentale. I concetti di evoluzione e libertà sono per l’autore imprescindibili e insuperabili. A cambiare di sicuro dovrà essere la politica, italiana ma soprattutto europea, che dovrà acquisire maggiori ruolo e qualità.
Per costruire la nuova narrazione del progressismo liberale, «capace di leggere il mondo nuovo in cui viviamo», sarà necessario seguire la ragione come anche la passione. Il fine è capire e far capire che l’unica via per superare in modo intelligente difficoltà innegabili è disegnare un futuro credibile, basato su progresso e apertura.
L’opposto di quanto sta purtroppo accadendo in Italia e in tanti altri stati europei alle prese con estremismi e populismi che invocano invece il ritorno a una sorta di incredibile quanto pericoloso e deleterio purismo razziale e culturale.
Graziosi esplora a fondo i «laboratori politici» di Movimento Cinque Stelle e Lega nazionale di Salvini.
Pur presentando caratteristiche davvero rimarchevoli, come l’uso innovativo di una piattaforma digitale, il M5S lascerebbe trasparire molteplici fragilità nel discorso politico portato avanti, dovute a confusione e poca capacità amministrativa oltre che politica.
Il successo che continua a riscuotere lo si deve, per Graziosi, alla peculiarità del tempo odierno, un’era dominata dalle percezioni, nella quale l’affermazione di un nuovo discorso può comunque soddisfare a lungo bisogni psicologici di novità e rottura anche se nulla poi cambia davvero.
La Lega, che è un fenomeno molto meno innovativo, rischia di fare maggiore presa sugli elettori proprio in virtù dell’esperienza già maturata. Quella proiettata da Salvini è una declinazione del «mondo giusto irriflesso e autoconsolatorio» analizzato da Graziosi nel testo, un mondo in cui tutti hanno ciò che si meritano, gli italiani prima di tutto, perché siamo in Italia. Un mondo che vede i criminali puniti e i cittadini onesti liberi di difendersi, gli anziani gioire dei diritti riacquisiti e i giovani, ancora una volta, lasciati al proprio destino.
Sarebbe però opportuno chiedersi, come sottolinea anche Graziosi, che Italia ne verrà fuori. Chi rappresenta oggi la probabile o possibile alternativa politica. Dov’è la sinistra con i suoi militanti che non mancano occasione per rivendicare i tentativi di Enrico Berlinguer e la sua “questione morale”, quando poi la realtà è che il grande vuoto intellettuale e ideale in essa creatosi ha generato continue fratture interne e l’unico vero collante apparso efficace negli ultimi decenni è stato l’anti-berlusconismo. Hanno forse intenzione di perseguire questa strada così lungamente battuta creando un “nuovo” anti-salvinismo?
Se per garantire il miglior futuro realisticamente possibile occorre fare delle riforme impopolari nell’immediato, bisogna avere un discorso in grado di spiegare con chiarezza i motivi e i risultati di quelle riforme. Per Graziosi, sincero sostenitore del progressismo liberale, le soluzioni devono essere in linea con l’immagine generale dell’Italia che ci si propone di ricostruire.
Un’Italia inserita in primo luogo nell’Unione europea e poi nel mondo, aperta alla prima e ragionevolmente aperta al secondo, circondata di opportunità e non da nemici. Come sarebbe invece nella visione dell’autore il paese se trionfasse la politica di Salvini.
Solo nell’Europa unita, infatti, i talenti, le inclinazioni e le energie dei suoi abitanti hanno lo spazio necessario per dispiegarsi e possono trovare gli strumenti di azione dei pubblici poteri adeguati a far fronte alle difficoltà e alla crisi, nonché la forza per parlare al mondo delle grandi potenze.
Graziosi ha scritto Il futuro contro scegliendo volutamente un registro narrativo semplice e lineare, una scrittura che sembra indirizzata a tutti. Si è basato su conoscenze e competenze certo, ma anche sull’esperienza e sulla condivisione di importanti momenti e decisioni, politiche o economiche, attuali e passati.
Momenti e passaggi importanti che poi, direttamente o indirettamente, hanno determinato il corso degli eventi, contribuendo a plasmare quelle che sono l’Italia e l’Europa di oggi. Scelte e azioni da tenere bene a mente, che insegnano molto, soprattutto laddove sono risultate sbagliate.
Un libro, Il futuro contro, che non ha la pretesa di essere un manuale e forse neanche un saggio, nel senso stretto del termine, ma ricco di considerazioni e analisi che meritano di essere lette perché foriere di nuove osservazioni e riflessioni nel lettore, stimolandone molto lo spirito critico, di cui soprattutto in questi tempi c’è molto bisogno.