Leonardo esce da Industria Italiana Autobus e cede la sue quote a Seri Industrial (della famiglia Civitillo) che acquisirà il 98% del capitale sociale, mentre il restante 2% rimane nelle mani dello Stato, ovvero della controllata Invitalia. “Questa cessione si inserisce nel nostro piano di razionalizzazione delle partecipazioni, volto a concentrarci sul core business come delineato nel nostro Piano Industriale,” ha dichiarato Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo. Con l’ingresso di Seri Industrial, Leonardo e Invitalia, partecipate dello Stato con partecipazioni di maggioranza in IIA, hanno dato il via libera al nuovo assetto societario.
Un’operazione nell’aria da tempo. In crisi da anni e recentemente ricapitalizzata dai soci, Industria Italiana Autobus è la più importante azienda italiana costruttrice di mezzi per il trasporto pubblico su gomma. Impiega 600 dipendenti tra gli stabilimenti di Bologna e Avellino. Il 2023 si è chiuso con un rosso di 63 milioni di euro, che, sommati ai 47 dell’anno precedente, portano la perdita totale a 110 milioni di euro.
Seri Industrial scalza la concorrenza
Il nuovo socio è stato selezionato al termine di un processo iniziato nel 2022, che ha coinvolto diversi potenziali investitori industriali e finanziari, sia italiani che internazionali, con Kpmg e lo studio Legance come advisor esterni. La ricerca mirava a trovare investitori in grado di supportare l’azienda a livello industriale e patrimoniale, per favorirne lo sviluppo e garantire buoni risultati economico-finanziari per i soci uscenti e per la società stessa.
Dopo una rigorosa due diligence, Seri ha presentato l’unica offerta che rispondeva ai requisiti richiesti, assicurando l’esecuzione dell’operazione e la continuità produttiva, basandosi su un piano industriale orientato alla transizione verso la mobilità green. Seri ha anche manifestato l’intenzione di esplorare partnership e collaborazioni con i principali operatori internazionali del settore, puntando su innovazione e crescita produttiva.
Resta il malcontento dei sindacati, preoccupati per il futuro della fabbrica che, nonostante ingenti investimenti, non ha raggiunto un livello accettabile di efficienza e ha accumulato una pesante esposizione debitoria.