Di sicuro resterà il vincolo della riduzione del debito. Così come è già arrivato il segnale di una accentuata priorità sulle dismissioni. Ma tra le novità che Francesco Starace porterà all’Enel c’è molto di più. Si parla infatti di un nuovo organigramma del gruppo al quale risulta stia già lavorando; di una cura dimagrante in Europa dell’Est e, con buona probabilità, di una riorganizzazione delle attività in America Latina. Mancano ancora pochi giorni al 31 luglio quando il nuovo amministratore delegato arrivato il 22 maggio si presenterà per la prima volta al mercato, nella sua nuova veste, con i dati della semestrale. Molti attendono il segnale di un cambiamento e i mercati giudicheranno le prime mosse del nuovo Ad proprio dalle indicazioni sulla nuova rotta da percorrere. La convinzione che siamo alla vigilia di una nelle strategie è piuttosto diffusa tra gli analisti e non sono mancati quelli che, nell’attesa, hanno rivisto al ribasso le proprie stime pronti, ora, a ritoccarle nuovamente se si apriranno prospettive di crescita per Enel. Ma, quanto lontano potrà spingersi Starace dalle direttrici dell’ambizioso piano industriale 2014-18 lasciatogli in eredità da Fulvio Conti proprio alla vigilia dell’avvicendamento al vertice del colosso elettrico?
Debito e dismissioni. L’indebitamento finanziario è ulteriormente salito nel primo trimestre a 41,5 miliardi dai 39,7 di fine 2013. Un aumento legato anche all’effetto contabile di crediti non incassati nei primi mesi dell’anno e comunque molto inferiore ai 50,9 miliardi di fine 2009 quando era ancora tutta da digerire l’acquisizione di Endesa. Ma comunque un peso ancora notevole sui conti. Un’accelerata sul piano di dismissioni che finora ha consentito di incassare solo 400 milioni sui 4,4 miliardi da raggiungere entro fine anno, è dunque tra gli obiettivi del nuovo Ad. Tanto vero che un primo cambio di rotta Starace lo ha già indicato mettendo nel novero delle società vendibili anche Slovenske Elektrarne (Se), la società elettrica slovacca che invece Fulvio Conti aveva tenuto fuori dal perimetro degli asset vendibili. Il gruppo ha confermato di aver affidato a Bnp Paribas e Deutsche Bank il mandato per la cessione e le stime delle banche d’affari oscillano tra 2,3 e quasi 3 miliardi per il 66% di capitale in mano ad Enel. A questa cifra bisogna però sottrarre 550 milioni di debiti che Se ha in pancia, ma che consentirebbe comunque di avvicinarsi a grandi passi verso il target di cessioni programmato. I rumor delle ultime settimane accreditavano un interesse dei cinesi di China National Nuclear Corporation fino alle avances della ceca Cez e della russa Rosatom (che potrebbero presentarsi insieme). Così come sembra ci si stia muovendo anche per la vendita degli asset nucleari in Spagna e Romania.
La nuova strategia. Con il target del debito per ora fissato a 37 miliardi, gli spazi per confermare i livelli di utile previsti, sono confinati nelle dismissioni. Se Crédit Suisse vede in pericolo gli obiettivi 2014-18, altre banche d’affari sono meno pessimiste ma tutte dominate dalla prudenza dato lo scenario ancora debole sia all’interno che fuori dall’Italia. Il settore della generazione elettrica resta debole per effetto del calo nei consumi e il termoelettrico soffre sempre più la concorrenza delle fonti rinnovabili. I prezzi del megawattora rimangono bassi in Centro Europa (35-38 euro, anche sulle stime 2015) e dovrebbero scendere anche in Italia (intorno ai 60 euro) secondo le previsioni. A tutto questo va aggiunta la variabile rappresentata dall’incertezza regolatoria, dopo il decreto del governo che riduce gli incentivi al fotovoltaico con effetto retroattivo. Vero è che Enel è ormai un gruppo intercontinentale, che opera in 40 Paesi e 4 continenti, tutto sommato poco esposto sul fotovoltaico in Italia dove Enel Green Power possiede circa 80 Megawatt (su 8.900 di energia verde complessivamente installata nel mondo). E tuttavia Starace ha ben chiarito che la retroattività , un messaggio inequivocabile al governo. Sistemate le dismissioni, dunque, il nuovo capitolo che si apre è quello dell’America Latina. Da qui ci si attende la maggior crescita.
Riorganizzazione e Latam. L’orizzonte è quello del 2015, ma alcune mosse si potrebbero cominciare a vedere anche quest’anno. In pole position ci sarebbe la riorganizzazione del gruppo per Paesi operativi rispetto all’attuale configurazione per divisioni. Con l’alleggerimento della presenza in Europa dell’Est, Enel giocherebbe le sue carte migliori sul riassetto delle attività in America Latina che sarebbero scorporate da Endesa e trasferite alla holding. Enersis, la utility che attraverso le sue principali controllate e affiliate è già attiva in Cile, Argentina, Brasile, Colombia e Perù passerebbe così sotto il diretto controllo di Enel e potrebbe ulteriormente accorciare la catena di controllo con l’acquisto di minorities dalle proprie sussidiarie, consolidandole. Endesa, a quel punto, si concentrerebbe in Spagna e potrebbe aprire il suo capitale a nuovi azionisti privati, consentendo ad Enel di recuperare risorse e potenziare la propria capacità d’investimento sui mercati più interessanti. Su questo scenario, non così lontanto dai programmi in discussione ai piani alti dell’Enel, hanno ragionato gli analisti di Ubs che ipotizzano un apporto di cassa di circa 3,4 miliardi dall’aumento del flottante di Endesa (+17%). E un aumento del Capex di circa 9 miliardi al 2019 da destinare ad attività regolate e rinnovabili nei mercati emergenti e negli Stati Uniti.