Al primo posto c’è l’Emilia Romagna, seguita dalla Toscana e dalla Liguria. Dopo l’accordo sulle concessioni balneari, che dal primo gennaio 2024 dovranno essere assegnate in base alle gare, Unioncamere pubblica una speciale classifica delle imprese impegnate nelle attività di “gestione di stabilimenti balneari” sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.
Emilia Romagna: la culla degli stabilimenti balneari
Ebbene, secondo i numeri forniti dall’associazione, in Italia 1.063 su 7.173 complessivamente operanti alla data del 31 dicembre scorsosi trovano in Emilia Romagna. Il maggior numero di realtà imprenditoriali del settore sono attive soprattutto a Ravenna (191), Rimini (155), Cervia (153). Se si aggiungono le 117 imprese di Riccione (quinta) e i 114 di Cesenatico (sesta) i cinque comuni romagnoli totalizzano 730 realtà imprenditoriali, il 68,7% di tutte le infrastrutture della riviera romagnola e il 10,2% del totale nazionale.
Subito dopo l’Emilia-Romagna, nell’Olimpo della balneazione italiana troviamo due destinazioni “storiche” per gli amanti del mare: la Toscana, con 914 attività distribuite lungo 397 km di costa (2,3 imprese ogni km) e la Liguria, con 807 imprese a presidiare 330 km di litorale (2,4 ogni km). Per quanto riguarda la prima, a Camaiore (91 imprese lungo 3 soli km di costa) si registra anche il record di densità massima di attività balneari (31 imprese per km), a fronte di una media nazionale (misurata sui 770 comuni che si affacciano sui nostri mari) fissa sul rapporto uno a uno tra imprese e chilometri di litorale.
In 10 anni 1.443 imprese in più
Secondo l’indagine di Unioncamere, in Italia, la corsa a gestire la balneazione sulle coste dello Stivale (incluse quelle di laghi e fiumi) dal 2011 ad oggi ha portato un aumento complessivo di 1.443 imprese (+25%) che ha avuto come protagoniste soprattutto le regioni del Sud, “decisamente lanciate al recupero delle posizioni rispetto al Centro-Nord”, commenta Unioncamere. Nel dettaglio, nel periodo considerato, la crescita più rilevante in termini assoluti ha interessato la Calabria (+328 unità) che ha raddoppiato la dotazione del 2011. Seguono la Sicilia (+198 attività, +67,6% nel decennio), la Campania (+184) e la Puglia (+160). In termini relativi, l’accelerazione più consistente del decennio è quella della Sardegna (+162,5%).
“L’esercizio di questa particolare attività si realizza prevalentemente sotto forma di società di persone (3.507 le aziende con questa forma giuridica alla fine del 2021, pari al 43% del totale), un probabile riflesso della frequente conduzione familiare di questo tipo di attività. A scegliere la formula della società di capitale sono 2.099 imprese (29%) con la restante quota del 28% che si distribuisce tra imperse individuali (25%) e altre forme, principalmente costituite da cooperative (3%)”, si legge nel report.
Fatturato e governance: le imprese balneari ai raggi X
Sotto il profilo dei bilancio, tra le 1.700 società di capitale, il 68,4% è rappresentato da realtà al di sotto dei 250mila euro di fatturato. Il 18,6% si colloca tra i 250 e 500mila euro, il 9,5% è nella fascia tra 500mila e 1 milione mentre un piccolo drappello (il 3,4%) totalizza a fine anno incassi superiori ai sei zeri.
Infine, quanto alla governance, un’impresa balneare su 4 è guidata da donne (1.809 attività, il 25,2% del totale, un dato superiore alla media sul totale nazionale del 22,1%) mentre solo il 6% (427 realtà) risulta guidata da giovani under 35, una quota inferiore alla media nazionale dell’8,9%.
In Calabria, la percentuale di imprese a conduzione femminile raggiunge il 31,3%. Seugono, il Friuli Venezia Giulia (31%) e subito dopo la Toscana e il Lazio, rispettivamente con il 28,8 e 28,6% di rappresentanza femminile. In Veneto (11,8%) la quota di imprese balneari a guida femminile più bassa.
Quanto alle imprese giovanili, i tassi di presenza più elevati si riscontrano nelle regioni del Mezzogiorno con (ancora una volta) la Calabria in testa (con il 12,7% di imprese giovanili sul totale delle balneari) seguita da Basilicata (9,1%), Sicilia (8,4%) e Campania 8,1%).
