Le esportazioni della filiera legno-arredo nei primi nove mesi del 2022 sono state pari a circa 15,6 miliardi di euro e sono cresciute complessivamente in tutte le regioni italiane del 16%, rispetto allo stesso periodo del 2021. Il dato, in apparenza positivo, evidenzia un rallentamento in essere su base trimestrale: +21% del primo trimestre, +16% il secondo, +11% di luglio-settembre. È quanto emerge dai dati elaborati dal Centro Studi di FederlegnoArredo.
Il dato non può che allarmare un settore prevalentemente votato all’export, in cui Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia coprono quasi il 70% del valore esportato. A livello di comparti, sono i mobili ad essere ancora i più significativi della filiera per valore esportato (oltre 9 mld) con una crescita del +16% nel periodo gennaio-settembre 2022.
Legno e arredamento: l’inflazione preoccupa le imprese
La Lombardia (3,7 mld), con il +18,8% di export di filiera, si conferma tendenzialmente stabile. Il Veneto (3 mld) presenta un segno di rallentamento più marcato, passando dal +15,5% di gennaio-giugno al +12,3% di luglio-settembre. Il Friuli Venezia Giulia (1,9 mld) è la regione che ha registrato la variazione percentuale più alta nei primi nove mesi del 2022 (+21,7%), ma allo stesso tempo è quella che ha segnato la frenata più brusca nel terzo trimestre: +15%%, rispetto al +26% del primo.
Le imprese sono preoccupate soprattutto per gli effetti dell’inflazione elevata in tutta Europa che potrebbe disincentivare i consumi di beni durevoli quali sono appunto quelli dei mobili.
Se la Lombardia riesce in qualche modo a mantenersi stabile, maggiori segni di rallentamento si registrano in Veneto e soprattutto in Friuli Venezia Giulia. La tenuta lombarda potrebbe essere dovuta soprattutto al fatto che questa regione esporta molto verso gli Usa e soprattutto nel settore alto di gamma dei mobili. Il peso del caro energia si fa sentire molto di più in Europa e lo dimostrano i dati del Veneto, che nel Vecchio continente ha ancora i maggiori mercati di sbocco, a partire da Germania e Francia.
Ecco allora che il perdurare della guerra in Ucraina potrebbe favorire regioni che hanno il proprio core business oltreoceano o in mercati emergenti indirizzati a un pubblico di alta fascia, più indenne dal caro vita.