Stati Uniti, Cina, Qatar, Arabia Saudita, Fondo monetario internazionale, British Petroleum e chissà quanti altri investitori si preparano a sbarcare nel nuovo Egitto democratico. L’ultima notizia è quella che arriva dal Regno Unito, con la British Petroleum che ha deciso di investire 10 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Il progetto riguarda la produzione di gas naturale e, una volta a regime, potrebbe aumentare del 20% la produzione egiziana del bene, già oggi uno dei maggiori produttori di gas di tutta l’Africa e il Medio Oriente.
Ma anche la Cina, nella sua fame di materie prime che la sta portando a divorare l’Africa, non si è lasciata scappare il bocconcino egiziano. E il governo del Paese nordafricano prevede che nei prossimi tre anni dalla Cina arriveranno circa 3 miliardi di dollari di investimenti diretti. Inoltre la Banca cinese per lo Sviluppo ha firmato un accordo con la Banca nazionale d’Egitto per un prestito commerciale da 200 milioni di dollari per finanziare le piccole e medie imprese.
Questo si va sommando ai 2 miliardi di dollari che verranno iniettati dall’emiro del Qatar e all’oltre 1 miliardo di dollari offerto dall’Arabia Saudita in aiuti e linee di credito. Il Parlamento egiziano dovrà approvare in questi giorni il prestito da 4,8 miliardi concordato con il Fondo monetario internazionale che in cambio chiede le misure della ricetta tradizionale: ridurre il deficit e tagliare la spesa pubblica.
Non a caso ieri l’amministrazione Obama ha fatto sapere che sta accordando con il governo egiziano un accordo che prevede la cancellazione di debiti per 1 miliardo di dollari: è alto il timore della Casa Bianca di perdere l’influenza e di conseguenza opportunità di investimento sull’area.
La prossima settimana il neo-presidente egiziano, Mohammed Morsi, si recherà a Bruxelles per parlare con il presidente della Commissione europea Manuel Barroso e il capo della diplomazia dell’Ue Catherine Ashton. Il 13 e 14 settembre sarà invece a Roma per incontrare il premier Mario Monti e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Leggi la notizia sul New York Times e su Al Arabiya