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Legge Stabilità: buone notizie per le banche, sorprese amare per i pensionati

La Trise è solo la punta di un iceberg molto grosso chiamato “legge di stabilità”. Oltre a istituire una nuova tassa dal nome esotico che di fatto sostituisce l’Imu, accorpando costi per la gestione dei rifiuti (Tare) e manutenzione strade (tasi), il disegno di legge prevede interventi in quasi tutti i settori: fisco, in primis, ma anche pensioni, riqualificazioni energetiche, pubblico impiego e molto altro.

La manovra – ha spiegato il premier Enrico Letta, punta a “ridurre le tasse per le famiglie, i lavoratori e le imprese”. Secondo quanto annunciato dal presidente del Consiglio, “nell’arco del triennio 2014-2016 la pressione fiscale scenderà dal 44,3% al 43,3%”.

Banche e deducibilità dei crediti

I primi a sorridere, però, potrebbero essere gli istituti di credito, ma anche le assicurazioni e altri intermediari del settore. Grazie alle nuove norme sulla deducibilità fiscale più rapida per svalutazioni e perdite sui crediti, le banche potrebbero vedere crescere i loro utili del 7% nel 2014 e del 5% nel 2015. Tradotto in euro: un miliardo di profitti in più per i primi nove istituti italiani in due anni.

La stima è di Mediobanca securities. Secondo gli analisti di Piazzetta Cuccia, Bper e Creval, che hanno una situazione più problematica sul fronte crediti, sarebbero le banche più interessate (+20% nel 2014). Effetti più modesti per Intesa San Paolo (+6%), Unicredit (+5%) e Credem (+3%).

Secondo gli economisti di Banca Imi, Unicredit avrà un beneficio fiscale 2013 di 271 milioni di euro, Mps di 101 milioni, Ubi di 45 milioni e Banco Popolare di 48 milioni.

Oggi le perdite sui crediti sono deducibili in 18 anni sopra una franchigia pari allo 0,3% del totale del portafoglio crediti. Con la nuova legge, potranno essere scaricate in 5 anni.

Pensioni

Sparito il contributo di solidarietà per le pensioni d’oro, mentre resta l’adeguamento all’inflazione di quelle di importo tre volte superiore il trattamento minimo. Perifrasi che, tradotta in euro, oggi significa un assegno mensile di 1443 euro.

Il Sole 24 Ore ha fatto i calcoli e ha scoperto che il nuovo sistema risulta penalizzante rispetto alle regole pre-riforma del 2011. Nel dettaglio, in tre anni si perderà comunque almeno il 5% dell’assegno annuale.

Alcuni esempi pratici. I pensionati che a fine 2011 ricevevano un mensile fino a 1405,05 euro, non hanno subito perdite nel potere d’acquisto nel biennio 2012/2013, grazie all’adeguamento pieno rispetto all’inflazione registrata.

I pensionati che invece godevano di un assegno di 1500 euro nel 2011 (importo tre volte superiore il trattamento minimo), finora hanno avuto una perdita su base annua di 1013 euro. Una somma che non potranno recuperare, altrimenti si vanificheranno gli effetti positivi sulle finanze pubbliche. Nel 2016 – causa legge di stabilità 2014 – questi incasseranno 1068 euro in meno rispetto a quanto previsto dalla normativa ante riforma. Un taglio del 4,9%. E le perdite aumentano con l’aumentare della pensione.

Clausola di garanzia

Nel disegno di legge è anche prevista una spada di Damocle: la clausola di garanzia. Se dal 2015 non si vedranno i risparmi di spesa previsti, il Governo dovrà rimettere mano al fisco, con interventi sul fronte degli sconti e delle agevolazioni, ma anche su quello delle accise e delle imposte.

Nel dettaglio, potrebbero esserci tagli lineari alle dotazioni dei singoli ministeri. Nelle prime bozze del provvedimento, si parla di 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016 e 10 miliardi nel 2017.

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