C’è qualcosa di surreale nel dibattito tra i partiti in vista delle prossime elezioni politiche: si discute del “quando” e del “con che tipo di liste” arrivarci, mentre si trascura il fatto che, con il passare dei giorni, sia sempre più probabile che le regole saranno ancora una volta dettate dal Porcellum.
Questo perché per fare una riforma elettorale, se non siamo ancora fuori tempo massimo, siamo certamente in zona Cesarini. E, al di là delle metafore sportive, non servono certo a sveltire i tempi le proposte “oscene” e quelle “sceme”, che occupano in questi giorni le cronache dei giornali.
Cominciamo dalle prime, o meglio, dalla prima. Il Pdl si è detto disponibile a cambiare la legge elettorale in direzione del doppio turno alla francese, solo a patto che prima si cambi la struttura della nostra impalcatura istituzionale, istituendo il semi presidenzialismo, vale a dire l’elezione diretta del Capo dello Stato. Per carità, ognuno ha il diritto di proporre modifiche della Costituzione anche su argomenti delicatissimi, come quelli che riguardano la presidenza della Repubblica. Ma il Pdl vorrebbe arrivare a questa modifica costituzionale di grande rilevanza con un semplice emendamento. E soltanto dopo la modifica costituzionale è pronta a discutere di nuova legge elettorale.
E’ evidente che, occorrendo quattro letture parlamentari e (se non ci sarà, com’è possibile se non probabile, una maggioranza dei due terzi) un referendum confermativo per modificare la Costituzione, non ci sarà il tempo per cambiare le regole elettorali in tempo. Visto che, prevedendo il completamento dell’attuale Legislatura, si dovrà comunque votare tra 10 mesi (aprile 2013). Certo, sulla carta tutto si può fare. Anche in 10 mesi soltanto, ma occorrerebbero due cose: un accordo già pronto e una maggioranza molto consistente e coesa, la quale non esiste né è prevedibile esista nei prossimi giorni. Senza contare che sarebbe davvero bizzarro cambiare le regole per eleggere il nuovo Capo dello Stato a meno di un anno (giugno 2013) da quando si dovranno riunire in seduta comune Camera e Senato per scegliere il successore di Giorgio Napolitano.
Passiamo ora a quelle che abbiamo chiamato “le proposte sceme”. Sceme politicamente, si intende. Ha suscitato molte polemiche, anche all’interno del Pd, l’ipotesi lanciata ieri da Stefano Fassina prontamente e vigorosamente smentita dal segretario Bersani. La quale si riassume così: se il governo Monti non riuscirà a fare le riforme e i partiti non cambieranno subito la legge elettorale, tanto vale votare in ottobre. Un’ipotesi che trascura due fatti e che alla fine finisce per essere autolesionista proprio per il Pd, che si assumerebbe la responsabilità di aprire una crisi di governo nel momento più delicato per le difficoltà che riguardano tutta la zona euro e di far cadere anche le ultime poche possibilità di modificare il Porcellum. Inoltre, in questo modo, il Pd finirebbe per tirare le castagne dal fuoco al Pdl, staccando la spina proprio quando questo è sempre più in difficoltà nell’assicurare il sostegno al governo Monti delle sue assai rissose componenti.
Ma di proposte sceme ne sono circolate altre in questi giorni. In particolare quelle che riguardano l’ipotesi di andare alle elezioni politiche con tante liste civiche, che potrebbero nascere ad imitazione del modello grillino. Nel Pdl si parla da tempo di spacchettamento tra le diverse componenti e ci si interroga e ci si attrezza per contenere un’ipotetica lista Montezemolo. Ma questa volta la lista o le liste civiche riguarderebbero soprattutto la periferia del Pd. L’ipotesi è quella che è andata sotto il nome di possibile lista Saviano o lista Repubblica. In sostanza il Pd potrebbe favorire la nascita di una lista satellite per fare concorrenza a Grillo, ma anche e soprattutto a se stesso, per allargare gli spazi del Centro-sinistra. Naturalmente tanto Roberto Saviano che Ezio Mauro hanno smentito di essere interessati ad una simile iniziativa. E non c’è motivo per non credere alle loro parole.
Resta il fatto che è davvero singolare che, mentre si discute di date e di formazioni di liste, alla fine l’ipotesi più probabile resti quella di andare a votare con le vecchie regole, per l’incapacità di quella che dovrebbe essere una maggioranza parlamentare, che, oltre a sostenere gli sforzi del governo Monti per ridare credibilità all’Italia, potrebbe mettere del suo per restituire agli elettori la praticabilità di un sistema democratico. Siamo in zona Cesarini. I Partiti si accordino in pochi giorni su modifiche essenziali al Porcellum. Presentino una proposta parlamentare sulla quale almeno uno dei rami del Parlamento si pronunci prima della pausa estiva. A questo punto i partiti sapranno almeno come regolarsi per prepararsi alle elezioni politiche, da tenersi alla scadenza naturale della legislatura, vale dire ad aprile 2013.