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Legge Capitali, Consob vuole modifiche sui veti sul cda. Assemblee a porte chiuse, faro della Ue

Imagoeconomica

La Consob vuole di nuovo sentire il mercato finanziario per vedere di mettere mano all’attuale testo della Legge Capitali, in particolare riguardo le norme che riguardano la presentazione delle liste da parte dei Consigli di amministrazione uscenti e che assegnano alle minoranze un potere di veto su chi ha la maggioranza delle azioni in un’azienda. La Commissione di Borsa, nel lanciare una nuova consultazione ha sottolineato che solo i soci che hanno votato per la lista del cda possono procedere alla votazione dei singoli nomi presenti nella lista, per la costituzione vera e propria del board. Inoltre viene proposta la introduzione del principio maggioritario in modo che la lista vincente debba avere comunque la maggioranza dei consiglieri, salvo che lo statuto non preveda un proporzionale puro.

Cosa dice la proposta della Consob

La nuova consultazione ha lo scopo di “dare attuazione alla delega regolamentare prevista dalla Legge Capitali” dopo l’esame degli esiti della consultazione preliminare che si è svolta tra il 20 novembre e il 5 dicembre, dice la Commissione e ha redatto specifiche proposte di modifica del Regolamento Emittenti che intendono dare attuazione al nuovo art. 147-ter.1 del Testo unico della finanza (Tuf).

“Le proposte regolatorie, in linea con i contributi ricevuti nell’ambito della consultazione preliminare, sono volte a superare le principali problematiche applicative sorte in merito a due temi centrali della disciplina delle liste dei CdA: legittimazione dei soci alla seconda votazione individuale e la ripartizione dei posti in consiglio, quando le liste di minoranza conseguano più del 20% dei voti”, si legge nella nota Consob.

Le proposte, prosegue la Commissione guidata da Paolo Savona, “intendono al tempo stesso valorizzare l’autonomia statutaria degli emittenti nella definizione dei sistemi di elezione dei CdA. Ulteriori modifiche proposte intendono realizzare un coordinamento della disciplina prevista nel Regolamento Emittenti con la fattispecie della lista del CdA”.

La consultazione terminerà in tempo per le assemblee 2025. Generali farà da apripista

La nuova consultazione si concluderà il 15 gennaio 2025, dice ancora la Consob, “con l’obiettivo di approvare la versione definitiva delle modifiche al Regolamento Emittenti in tempo utile per la stagione assembleare del 2025: a fare da apripista sarà la nomina del nuovo board di Generali attesa per aprile, nel quale si confronteranno il fronte dei soci capitanato da Mediobanca, primo azionista con circa il 13%, e quello di Francesco Gaetano Caltagirone con a fianco Delfin (la holding della famiglia Del Vecchio).

Il caso Caltagirone nel 2022

Nel 2022 Caltagirone, ricostruisce Milano Finanza, si oppose duramente alla presentazione della lista dal cda anche con richieste di chiarimenti alla Consob e poi ha spinto per una nuova regolamentazione che impedisse quello che considera un sistema di auto-perpetuazione dei manager. Richieste poi accolte dalla Legge Capitali, che ha stretto le maglie sulla presentazione della lista del cda, pur lasciando margini di regolamentazione secondaria, che ora la Consob propone di colmare allo scopo di evitare una sorta di diritto di veto da parte dei soci di minoranza. Di fatto, depotenzia la posizione dei soci privati che non appoggiano la lista del cda, come appunto accadde nel 2022 con Caltagirone e Delfin all’assemblea del Leone di Trieste. Uno dei temi caldi era il dubbio se anche i soci che hanno votato per altre liste potessero votare l’elezione dei singoli consiglieri della lista del cda, che per legge deve contenere un numero di candidati superiore a un terzo dei posti disponibili. Su quest’ultimo punto la proposta della Consob è che votino solo i soci che abbiano sostenuto la lista del cda, e che il numero dei consiglieri sia quello fissato dallo statuto o dalla proposta sul numero di amministratori presentata in assemblea aumentato di un terzo.

Circa la ripartizione dei posti, se i voti delle prime 2 liste di minoranza sono inferiori al 20%, concorrono alla ripartizione dei posti nel cda per un ammontare non inferiore al 20% dei componenti; se invece le due liste superano il 20% il numero di consiglieri di minoranza deve essere superiore al 20% dei componenti, escludendo quelle che hanno preso meno del 3%. Ove non dovesse risultare un numero intero di componenti, tale numero è arrotondato per eccesso all’unità superiore, propone la Consob.

La Ue avvia un’interlocuzione col Tesoro sulle assemblee a porte chiuse

Intanto arrivano nubi anche da Bruxelles sulla legge Capitali in particolare sul tema dello svolgimento delle assemblee “a porte chiuse”. Secondo fonti legali riportate da La Repubblica, la Commissione europea avrebbe avviato un’interlocuzione col Tesoro per valutare se un articolo della legge violi la direttiva Ue che dal 2007 tutela i diritti degli azionisti.

Dalla dialettica in corso potrebbe sortire una procedura di infrazione per l’Italia. Al vaglio della Dg Justice, che verifica che le norme nazionali non ostino alle direttive comunitarie, è l’art. 11, copiato dalle misure adottate dal 2020 per consentire le assemblee a porte chiuse durante la pandemia. Una misura preziosa allora: ma poi sempre prorogata, e nel 2023 resa definitiva dal Ddl capitali. A tutto beneficio delle società quotate, che hanno snellito la burocrazia e le spese per riunire i soci, sfoltendo anche il dialogo, e le critiche, di cui l’assemblea è da sempre il contenitore.

La nuova norma ha tre precetti: “lo statuto societario può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite rappresentante destinato”; “non è consentito presentare proposte di deliberazione in assemblea”: i soci devono inoltrarle 15 giorni prima, poi la società le pubblica sul sito web; “il diritto di porre domande è esercitato unicamente prima dell’assemblea”, e la società risponde per iscritto “almeno tre giorni prima”.

Tra gli spunti colti dalla Commissione ci sarebbe l’audizione in Senato del presidente Consob, Paolo Savona, nel giugno 2023. L’economista non aveva lesinato critiche sulla materia: “Non appare in linea coi principi ispiratori della Shareholders Right, che intende agevolare, ampliandole, le possibilità di partecipazione ed esercizio del diritto di voto del socio, prevedendo la delega come una facoltà rimessa alla scelta del singolo ed escludendo la possibilità di porre limiti nella scelta del delegato”. Savona notava poi che “non risultano norme analoghe in nessun altro ordinamento dell’Ue e di altri Paesi comparabili”.

Questa critica l’ha rivolta al governo anche l’Icgn, che associa investitori istituzionali con 77.000 miliardi di dollari di fondi e il 16 agosto 2024 ha espresso al sottosegretario al Tesoro Federico Freni “il timore che l’assemblea a porte chiuse diventi un carattere permanente della governance italiana”. L’Icgn raccomanda invece “la modalità ibrida, che consente agli investitori di partecipare dal vivo o in remoto alle assemblee”. Il Tesoro starebbe radunando materiali e testimonianze, anche presso le sue partecipate quotate, a conferma della validità e del funzionamento dell’assemblea a porte chiuse: ma non è detto che il dialogo istituzionale non produrrà integrazioni normative.

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