“Alla fine, Boni conclude chiarendo ancora una volta chi comanda nel partito del Carroccio: «Siamo un partito fortemente piramidale, quello che decide Bossi è legge per tutti. E in questo senso – sorride – siamo un partito leninista»”.
Fa quasi sorridere, in questi giorni, una frase come questa, tratta dal libro “Lega&Padania”, edito dal Mulino, e disponibile in libreria, con tempismo quasi sospetto, a partire da oggi.
Il volume, ad opera di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, delinea il variopinto ritratto di un partito controverso e composito, che ha fatto suoi elementi tradizionali dei movimenti più disparati (presenza territoriale sul modello degli autonomisti catalani, forte struttura gerarchica e furherprinzip, temi cari all’estrema destra e rituali pagani) e che, nel suo percorso, iniziato nel 1989, ha saputo essere alleato imprescindibile di Berlusconi, movimento indipendente, ma anche “costola della sinistra”, finendo così per cambiare la storia politica italiana e per stravolgere, forse irreparabilmente, gli equilibri dei suoi partiti.
La storia del movimento leghista diventa poi, necessariamente, anche la storia di Umberto Bossi (definito altrove, da Deaglio, come l’unico uomo del Nord che non ha mai lavorato in vita sua), che della Lega è stato fondatore e, almeno fino a gli ultimi sviluppi, indiscusso leader.
Per raccontare questa storia, Passarelli e Tuorto si sono affidati alla viva voce del popolo leghista e alle testimonianze dirette di militanti, eletti e ceto politico, per svelare lo scheletro che risiede dietro la pelle del movimento e il cammino del partito, e del suo popolo, attraverso questa fase di sofferta transizione, di fronte alla crisi economica, al ritorno dei temi fondamentali del leghismo, e, soprattutto, alla perdita di verginità di un movimento, giunta al culmine negli ultimi, drammatici giorni.