Un fatturato di 16,7 miliardi di euro e oltre 30mila reati accertati. Sono solo alcuni dei drammatici numeri contenuti nel rapporto Ecomafia 2013 stilato da Legambiente con la collaborazione delle forze dell’ordine. Numeri che segnano un aumento in ogni voce, tra cui quella dei clan coinvolti, da 296 a 302, e quella dei comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, da 6 a 25, oltre a quelle di arresti e sequestri.
Un fenomeno, quello dell’Ecomafia, ovvero delle attività illegali compiute dalle organizzazioni criminali e che arrecano danni all’ambiente, in continua crescita e sul quale “Va sviluppata – come recita il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della presentazione del report – la più attenta vigilanza da parte delle istituzioni, attraverso il ricorso a tutti i più efficaci mezzi di indagine e coordinamento investigativo”.
Nel suo messaggio, Napolitano pone poi l’accento sui “terreni privilegiati dei tentativi di espansione delle ‘ecomafie’, la gestione illegale del ciclo dei rifiuti, l’abusivismo edilizio nonché i traffici illeciti nella filiera agroalimentare e nel commercio di animali”.
Nelle parole del presidente di Legambiente vittorio Cogliati Dezza emerge, invece, l’amarezza nel constatare che “Quella delle ecomafie è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi”. Un grande problema, per Cogliati Dezza sono le pene irrisorie per i reati ambientali: “continuano ad essere quasi esclusivamente contravvenzioni, un po’ come le multe per chi passa con il rosso, e di abbattimento degli edifici quasi sempre non si parla. Anzi, agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive”.