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Lega-M5S, prove di governo senza Salvini e Di Maio premier

FIRSTonline

Le elezioni di Maria Elisabetta Casellati alla presidenza e di Roberto Fico a quella della Camera non prefigurano affatto un governo tra centrodestra e Movimento Cinque Stelle ma dicono senza ombra di dubbio quanto saldo sia l’asse personale che unisce Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i maggiori vincitori delle elezioni e anche della partita delle presidenze del Parlamento. Dalla loro alleanza di fatto nascerà dopo Pasqua il nuovo governo, per il quale il 3 aprile cominceranno le consultazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo che ieri il premier Paolo Gentiloni si è recato al Quirinale a presentare le dimissioni ufficiali, restando in carica solo per il disbrigo degli affari correnti.

Da quanto si intuisce e secondo attendibili indiscrezioni, il governo che si delinea dovrebbe avere cinque caratteristiche di fondo:

1) sarà un governo formato dai Cinque Stelle e dalla Lega, ma difficilmente da tutto il centrodestra, perché Berlusconi, malgrado faccia buon viso a cattiva sorte e abbia sempre in testa il futuro delle sue aziende, non vuole farsi stritolare dall’asse Salvini-Di Maio ma anche perché i Cinque Stelle non lo gradiscono;

2) né Di Maio né Salvini guideranno però il prossimo governo, perché nessuno ha i numeri per assumere la premiership, anche se i due saranno i veri azionisti di maggioranza del nuovo Esecutivo, del quale non si può escludere del tutto che possano simbolicamente diventare vicepresidenti;

3) il nuovo presidente del Consiglio sarà verosimilmente una figura terza, pescato tra i sostenitori del No al referendum del 4 dicembre 2016 e probabilmente nel vasto range degli ex presidenti della Corte Costituzionale, tra i quali la candidatura oggi più forte sembra quella di Giovanni Maria Flick, anche se lui si schermisce dicendo che “è una fiction” e anche se a decidere non saranno nè Salvini nè Di Maio ma il presidente della Repubblica, Mattarella;

4) il nuovo governo si presenterà con un programma limitato a pochi punti: attacco ai costi della politica, qualche misura sulle pensioni picconando anche se forse non abolendo del tutto la legge Fornero, stretta sull’immigrazione, nuova riforma elettorale con premio di maggioranza (tanto aborrito ai tempi dell’Italicum) alla lista vincente e, una volta approvata, ritorno alle elezioni, Quirinale permettendo;

5) il nuovo governo non avrà certamente un orizzonte quinquennale (potrà durare sei mesi o, al massimo, un anno fino alle elezioni europee prima del ritorno alle elezioni politiche) e non potrà realizzare né la flat tax né il reddito di cittadinanza, che erano state le principali promesse della campagna elettorale appena conclusa e che saranno rinviati alla prossima legislatura, con buona pace degli allocchi che hanno creduto alle favole della Lega e dei Cinque Stelle, ma con grande sollievo dei conti pubblici e dei mercati, che sperabilmente non vedranno casa Italia deragliare in soli mesi.

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