“Alla Lega serve un nuovo leader. Uno che vada nella direzione dell’autonomia e che rimetta al centro la questione settentrionale”. Più chiaro di così Umberto Bossi, il fondatore 40 anni fa delle Lega, che venerdì ha ricevuto i fedelissimi nella sua casa di Gemonio e che ha sparato a zero contro il leader in carica, Matteo Salvini, non poteva essere. Bossi non gradisce l’eccessivo spostamento a destra della Lega ma soprattutto lo spostamento del baricentro dal Nord al Sud sulla scia del Ponte sullo Stretto. Per ora Salvini fa spallucce (“Umberto mi critica da trent’anni”) e rinvia tutto al congresso federale d’autunno ma la sua leadership traballa perché i consensi elettorali sono scesi dal 34,2% del 2019 all’attuale 8,2%. In realtà la prova della verità è vicina ed inesorabile e sarà quella delle elezioni europee di giugno. Se Salvini dovesse scendere sotto l’8% o venisse scavalcato da Forza Italia, la sua segreteria correrebbe per la prima volta il forte rischio di finire prima del tempo. Ma a quel punto bisognerà capire se l’ala moderata della Lega, rappresentata dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e soprattutto dai Governatori del Veneto, Luca Zaia, e del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, decideranno finalmente di svegliarsi e di andare all’attacco della Lega targata Salvini. I veri destinatari del ruvido messaggio di Bossi sono proprio loro. Ed è anche per questo che stavolta il vecchio leone di Gemonio merita un incoraggiamento.