Cade un’altra testa padana nel Pirellone. Il leghista (maroniano) Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, ha ufficializzato in tarda mattinata le sue dimissioni. Boni è indagato per corruzione dalla Procura di Milano, ma sostiene di aver abbandonato l’incarico “in totale autonomia” e “in assenza di qualsivoglia nuovo elemento riguardante le indagini”. Sulla decisione avrebbe pesato l’esempio di Umberto Bossi: “Se ha fatto un passo indietro lui – scive ancora Boni -, diviene un imperativo morale per me seguirlo”.
Quanto ai rapporti con i nuovi vertici della Lega, l’ormai ex presidente del Consiglio regionale lombardo nega di aver ricevuto da loro alcuna pressione: “Il triumvirato (Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago, ndr) sia in precedenza, sia in occasione della riunione con i Consiglieri regionali, durante la quale sono state discusse le dimissioni di Monica Rizzi, non ha mai chiesto le mie dimissioni, rinnovandomi la fiducia. Peraltro, fin da subito la segreteria politica federale, alla quale ho dato le mie spiegazioni, mi ha concesso fiducia incondizionata, confermandola nel tempo”.
Oltre ai più noti “passi indietro” del Senatùr e di suo figlio Renzo (ex consigliere regionale), ieri erano arrivate anche le dimmissioni di Monica Rizzi, assessore allo Sport e ai Giovani sempre nel tanto funestato Pirellone. Bossiana purosangue, la Rizzi è indagata a Brescia per presunte attività di dossieraggio che avrebbero favorito l’elezione del Trota alle scorse elezioni regionali. Finora però nessuna di queste defezioni – in aggiunta alla raffica di avvisi di garanzia che hanno colpito il suo ufficio di presidenza – ha convinto il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, ad abbandonare la sua poltrona.
Quanto all’inchiesta milanese che coinvolge Boni, i pm sostengono che l’ex presidente e il suo capo di segreteria, Dario Ghezzi, abbiano utilizzato “gli uffici pubblici della Regione come luogo d’incontro per raggiungere accordi o per la consegna dei soldi” nell’ambito di “affari illeciti” con alcuni imprenditori. Le tangenti sarebbero state incassate per favorire la costruzione di vari immobili – soprattutto centri commerciali – in diverse aree di Milano e dell’hinterland.