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L’educazione finanziaria è un autentico “reddito” di libertà economica e un’opportunità irrinunciabile per la parità di genere

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Eppure la Strategia per l’uguaglianza 2020-2025 dell’Unione Europea citava senza ombra di dubbio che: “le donne e gli uomini, in tutta la loro diversità, dovrebbero avere le stesse opportunità di prosperare e di essere economicamente indipendenti, essere pagati in modo uguale per il loro lavoro di pari valore, avere uguale accesso ai finanziamenti e ricevere pensioni eque”. 

Peraltro questo principio si ritrova nell’art. 37 della Costituzione italiana, e nonostante ciò i dati anche più recenti dell’OCSE e dell’EIGE, l’Istituto Europeo per l’equità di genere, ci consegnano un quadro preoccupante e contradditorio dove l’Italia mostra ancora evidenti differenziali di genere nelle competenze finanziarie e digitali e addirittura nel Global Gender Gap Index 2024 del World Economic Forum perde altre 8 posizioni scivolando all’87esimo posto su 146 Paesi, con un peggioramento proprio nella partecipazione economica delle donne.

Ma perché è così importante l’empowerment economico e finanziario delle donne, in primis, e di tutte le persone, più in generale, tanto da essere al centro del comunicato Women7?

Nel dibattito più recente si è superato l’approccio unidirezionale per passare a uno multidimensionale che invita ad analizzare le disuguaglianze di genere attraverso il reddito, la ricchezza ed il controllo delle proprie finanze : permettendo così di definire più puntualmente l’incidenza e il valore sociale dell’indipendenza finanziaria, aldilà di retaggi culturali e preconcetti (bias) comportamentali, dietro i quali si nascondono giustificazioni ai ritardi nell’azione di diffusione estesa di una cultura finanziaria cruciale per il benessere delle persone.

Andando nel dettaglio della realtà lavorativa delle donne in Italia, la partecipazione lavorativa già scarsa del 53% rispetto ai livelli europei del 70% si rivela nei dati INPS la punta di un iceberg. Infatti, i dati mostrano come i differenziali di genere (salariali, reddituali e pensionistici) sono frutto di una segregazione orizzontale e verticale delle donne, alla quale si aggiunge una polarizzazione del lavoro femminile nel lavoro part-time e nei settori ove le retribuzioni sono più basse. 

E mentre scuole, imprese e istituzioni governative sono impegnate sul fronte del rafforzamento delle competenze dei lavoratori e delle lavoratrici per superare una spirale dannosa a un agire economico partecipativo delle Donne e delle ragazze, la società appare sempre più digitalizzata ed esigente nelle competenze più tecniche e quindi abilitanti ad un mondo del lavoro in continua evoluzione, evidenziando una stretta connessione proprio tra le competenze finanziarie e digitali, che sono al centro da sempre della missione di Global Thinking Foundation, per far leva sulla prevenzione dell’abuso finanziario e della violenza economica. Ancora una volta sono i dati europei (Eurostat EU-GBV) e italiani che mostrano come una donna su quattro ha subito almeno una volta nella vita violenza economica e, secondo SEA-UK, il 77% nelle persone vittime di questo tipo di violenza permangono problemi di salute mentale legati allo stress finanziario che condizionano la serenità personale e lavorativa delle vittime. Soprattutto, quando intervengono comportamenti coercitivi e controllanti che vietano loro di lavorare e/o controllano le finanze familiari ed i redditi personali, situazioni tipiche di questa forma di violenza.

Tracciare l’identikit dell’indipendenza economica e ribadire il suo essere così centrale nella vita di ogni risparmiatore/risparmiatrice ci devono far riflettere sullo strascico che osserviamo ed ascoltiamo ai nostri sportelli (QUALI?), relativo ai riflessi sulla salute fisica e mentale, che poi ricadono sulla partecipazione scolastica, lavorativa e imprenditoriale, e quindi in tutte le sfere di partecipazione sociale attiva che determinano alla fine lo sviluppo di un Paese ed il benessere della cittadinanza tutta.

Un altro elemento che emerge come esito delle analisi di impatto sociale sulle iniziative di educazione finanziaria sul territorio è la percezione che alcune leve sociali, come la tassazione ed i servizi di supporto alle donne legati alla cura della salute (propria e dei figli o dei genitori anziani), siano elementi non trascurabili di supporto e tutela rispetto al rischio di povertà o esclusione sociale. Misure che paiono inevitabili laddove i differenziali salariali in Italia nel settore privato risultano mediamente doppi rispetto all’UE, e si trasformano inevitabilmente in divari pensionistici che toccano il 36% (dati INPS), rispetto al 26% nell’UE, e cruciali per rafforzare l’indipendenza finanziaria contribuendo fattivamente a cascata al proprio ambito famigliare.

Conclusione

In tutta l’UE una parte minore di donne (19%) rispetto agli uomini (34%) ha un livello elevato di alfabetizzazione finanziaria, il che contribuisce al divario di genere nella ricchezza economica.

Questi dati devono essere interpretati nel più ampio contesto delle disuguaglianze di genere nell’indipendenza finanziaria, con chiari effetti bidirezionali. Se le donne hanno meno risorse finanziarie, saranno meno capaci (e meno desiderose di imparare) a investire. Insomma l’innesco di una spirale positiva tra partecipazione lavorativa, indipendenza economica e inclusione finanziaria ruota intorno alla conoscenza, e precisamente all’educazione finanziaria, che porta al risultato più importante: di essere persone libere, di poter auspicare per sé stesse e la propria famiglia e comunità un futuro migliore, libero da ogni tipo di violenza, iniziando da quella economica, la più invisibile ma non per questo la meno dannosa.

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