Condividi

L’economista finanziario deve avere un cuore: Raffaella Tenconi vede il mestiere così

Intervistata in occasione del VI evento annuale di Global Thinking Foundation, l’economista finanziaria Raffaella Tenconi racconta la sua attività e spiega l’importanza di valutare sempre con intelligenza e con passione l’impatto delle singole scelte soprattutto sulle famiglie e sulle piccole e medie imprese

L’economista finanziario deve avere un cuore: Raffaella Tenconi vede il mestiere così

Lavora a fianco di operatori finanziari o investitori per analizzare, tradurre e prevedere come flussi e tendenze economiche, di breve e lungo periodo, si rifletteranno su valute, azioni ed obbligazioni ed ora anche su criptovalute, meglio descritte come cryptoassets. Si definisce una economista finanziaria, ma, la sua storia racconta anche altro: fonda nel 2015 ADA, un progetto-impresa in cui il DNA femminile emerge fin nel nome. “Mi sono buttata in questa avventura per due ragioni; innanzi tutto desidero una maggior libertà mentale e di azione, anche nella ricerca, cosa non sempre possibile, quando ti confronti quotidianamente con altri responsabili o interlocutori. In secondo luogo, intendevo rendere il mio lavoro più accessibile ad altre forme economiche, in particolare, alle piccole e medie aziende, molto più esposte ai rischi finanziari rispetto ai grandi gruppi, ma a cui non sono altrettanto disponibili gli strumenti di analisi finanziaria aperti ai grandi ben più specializzati” spiega Raffaella Tenconi, ricordando le ragioni che l’hanno mossa ad una scelta coraggiosa ed eterodossa. L’abbiamo incontrata a margine del VI evento annuale di Global Thinking Foundation, in cui ha tenuto un intervento che ben descrive la sua personalità, schietta ed autentica. Incarna la nuova generazione di economisti, a cui va’ un po’ stretta la logica del mercato, e che al leit motiv della crescita preferisce la ricerca di uno sviluppo più olistico.

Hai a lungo riflettuto sul ruolo degli economisti. Ebbene, di fronte alle emergenze, non solo economiche, e alle sfide globali, a quali conclusioni sei giunta?

Nella mia area specifica l’economista ha due aree di expertise che sono difficilmente replicabili: la prima consiste nel segnalare i cosiddetti ‘lags’, definendo quando nel tempo un evento avrà maggior impatto finanziario; a tal proposito, tengo a sottolineare che le conseguenze possono presentarsi diversamente a seconda della fase di analisi: infatti, effetti positivi nel breve periodo, a lungo termine possono evolvere negativamente. Pertanto, occorre considerare entrambi gli orizzonti temporali.

In che area si colloca, invece, la seconda expertise?

Nel saper individuare dove si evidenziano gap importanti, fondamentali, tra prezzo e valore a lungo periodo.

Consideriamo un caso concreto?

L’esempio più efficace riguarda i prezzi delle abitazioni. Qui si possono presentare una serie di condizioni al contorno, a breve termine favorevoli, ma insostenibili sul lungo periodo, in un contesto in cui i redditi di persone e singoli stanno calando. Lo stesso approccio si adotta per tutte le variabili finanziarie. Per un investitore qui si trova l’essenza delle attività di arbitraggio, per una famiglia qui sta la differenza tra un buon investimento ed uno catastrofico e per un’azienda tra la bancarotta e il successo.

La tua attività si trova anche a seguire l’onda di grandi fenomeni o crisi internazionali, che costringono a studiare, approfondire, evolvere quotidianamente

Esatto. Uno spartiacque professionalmente significativo per la mia crescita è stata la crisi economica che ha colpito la Grecia. Da allora spendo molte risorse nel tentativo di comprendere lo scarto tra apparenza e implementazione, o meglio, tra Speranza e realtà. È evidente che esistano tantissime aree di policy, che si prefiggono un determinato target, ma poi non si ha l’implementazione attesa o si presenta tardi, o non si ha nulla; addirittura, può rivelarsi controproducente rispetto all’obiettivo iniziale. Verificare preventivamente l’entità della distanza tra ambizione e fattibilità è essenziale.

Siamo tutti così immersi in una dimensione finanziariamente ‘invasiva’, da non poterci esimere dal continuo confronto con moltissimi rischi macroeconomici. Ritieni che la maggior parte di noi ne abbia piena coscienza?

Non credo e, d’altra parte, senza consapevolezza dei potenziali effetti sui diversi orizzonti temporali (breve, medio, lungo), la probabilità di scelte controproducenti o avventate è alta

Venendo alla tua natura da imprenditrice, come pensi sia cambiato il modo di fare impresa in questi ultimi anni?

Oggi sono richieste moltissime competenze in più rispetto al passato, e questo per diverse ragioni; sono stati introdotti tantissimi vincoli regolatori e la stessa digitalizzazione, che contiene uno straordinario potenziale, comporta anche una non poco sofisticata conoscenza del mercato, sia reale che digitale, duplicando il grado di complessità e di irregolarità dell’economia, che può abbracciare cicli molto lunghi e parimenti molto brevi. Inoltre, è molto intensa la competizione tra piccole aziende e multinazionali

La società odierna adotta pari trattamento per Stato, aziende e famiglie, pur non essendo tre agenti strutturalmente equivalenti

Di questo portano buona parte di responsabilità, credo, i policy makers. Ovviamente, non avendo lo stesso orizzonte di vita, non possono ricevere medesimo trattamento nella valutazione del rischio e della bontà di un investimento. Possiamo assumere come riferimento temporale per la famiglia quello della vita media delle persone, circa 80 anni, mentre per l’azienda può variare in una durata di 1-20 anni (le eccezioni esistono, ma sono sempre più rare), mentre per lo Stato, inteso, come nazione, teoricamente, non si pone un limite temporale. A ognuno dei tre agenti corrisponde, dunque, un proprio diverso orizzonte: molto lungo, lungo o breve. A me pare che oggi si adotti indistintamente analisi su tempi brevi, ma, così facendo, l’ambizione risulta costantemente calibrata in modo irraggiungibile per persone e governi.

Insomma, chiediamo l’impossibile con l’effetto a cascata di minarne la credibilità

È quello che avviene, oltre a sminuire il valore dei target prefissi. D’altra parte, la politica monetaria si sta sempre più trasformando in un implicito target del valore finanziario del mercato, e sempre meno si pone come un onesto target dell’andamento dei prezzi, e, quindi, della capacità di spesa reale dei cittadini. Per questa via è inevitabile che si creino bolle di eccessivo valore finanziario a cui sempre più persone saranno esposte: una tattica che, nel tempo, erode il margine di benessere delle famiglie e sfavorisce la prosperità, ma, soprattutto, intacca la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, cosa che molto costerà alle generazioni future

In questo contesto, ritieni che l’Unione Europea stia perdendo di vista la dimensione ‘valoriale’ e stia scivolando lontano dagli impegni sottoscritti nei trattati?

Ne sono piuttosto convinta: si chiude a riccio nel ‘dettaglio’ legale e regolatorio, invece di aspirare all’essenza. Esattamente come la BCE si sta rintanando nella definizione, del tutto out of date, dell’inflazione e cerca un palliativo nel tentativo di giustificarne le conseguenze sociali, senza metterci davvero il cuore. Il tratto distintivo dei professionisti economici finanziari dovrebbe essere quello di dare importanza solo ed esclusivamente alla forma, mentre chi tecnico non è, consciamente o meno, considera il peso delle effettive conseguenze

Commenta