TRIMESTRALI: APPLE PERDE COLPI, LUXOTTICA BOOM. SUMMIT DEI GESTORI SU TOKYO: FERMATE IL DEBITO
Perde colpi la corazzata Apple -1,4% a quota 609 dollari dopo l’annuncio a Borsa chiusa dei conti del trimestre. Gli analisti hanno “bocciato” i risultati: ricavi per 35,96 miliardi di dollari e profitti per 8,2 (contro una previsione di 8,75). In particolare, come riferisce The Wall Street Journal, si rileva che la domanda per iPhone (26,9 milioni di esemplari venduti ha superato la stima di 25 milioni) e’ ancora forte ma e’ stata deludente quella per gli iPad. Ne sono stati venduti 14 milioni (+26% rispetto allo stesso trimestre del 2011) ma un milione in meno (17%) rispetto al previsto.
Pesa soprattutto l’aumento dei costi di produzione e il calo dei margini. Per la prima volta Apple è stata costretta a ridurre i margini, in calo del 36%. Segno che la concorrenza di Samsung e il lancio odierno di Windows 8 da parte di Microsoft creano qualche problema.
Samsung, il grande nemico di Apple, chiude il trimstre con numeri eccellenti: profitti per 5,9 miliardi di dollari (+91%) sull’onda del successo degli smartphone, oltre 58 milioni di pezzi venduti nel mondo contro i 26,9 milioni di iPhone.
Ottimi risultati invece per Luxottica già salita ieri del 1,6% in attesa dei numeri del terzo trimestre rilasciati a sera. Dai dati riulta una crescita a doppia cifra per ricavi (+17%) e utili (+30%) grazie alla continua crescita dei mercati nordamericani e al recupero messo a segno dai Paesi dell’Europa mediterranea.
ASIA
Brusco scivolone dei mercati nell’ultima seduta della settimana: Tokyo –0,98%, Hong Kong -0,90%. All’origine delle perdite i dati, deludenti, in arrivo dalla trimestrale di China Unicom -6% e, soprattutto di Apple, ormai il punto di riferimento dei listini tecnologici del pianeta.
A Tokyo è in corso un delicato ed inedito meeting tra il ministro delle Finanze e i rappresentanti dei grandi fondi di investimento internazionali, assai preoccupati dalla crescita esponenziale del debito pubblico di Tokyo (oltre la soglia el 200 % sul Pil). La causa scatenante è la prossima legge finanziaria: il governo, per tamponare il debito pubblico del 2012, chiederà al Parlamento la licenza di emettere titoli per altri 500 miliardi. La prospettiva ha fatto schizzare all’insù i tassi dei titoli a lungo termine (+92 bp i ventennali rispetto ai titoli a dieci anni) a dimostrazione che i mercati cominciano a tenere il possibile default del Sol Levante, la terza economia del pianeta. E’ possibile che i gestori abbiano invocato una terapia all’italiana.
AMERICA
La Borsa degli Stati Uniti rimbalza dai minimi dell’ultimo mese e mezzo toccati nel mercoledì nero: Dow Jones +0,6%, S&P500 +0,55%, Nasdaq +0,7%. Wall Street non ha rallentato dopo il dato sul mercato immobiliare: a settembre le vendite di case nuove sono salite dello 0,3%, un rimbalzo dopo il -2,6% di agosto ma sotto le attese (+2,5%). Il rialzo anno su anno è dell’8%, gli economisti si aspettavano +17,4%.
Alle 14.30 erano stati diffusi i dati sul mercato del lavoro: le nuove richieste di sussidio di disoccupazione sono scese come da attese. Meglio del previsto gli ordini di beni durevoli. Ma più dei dati macro contano in questi giorni i conti della corporate America: ieri hanno presentato i conti 54 società dell’indice S&P500. Negativa Best Buy dopo il warning sui numeri del terzo trimestre, e Sprint Nextel che ha archiviato il trimestre con una perdita di 767 milioni di dollari. Denaro invece su Aetna +1,09%), ConocoPhillips +2,16% e Procter & Gamble +2,92%. In rally i videogames di Zynga +12,26%, in scia alla forte crescita del fatturato dl primo cliente di Facebook.
EUROPA
Quella che fino a metà pomeriggio era stata una seduta di moderato rialzo, si è accartocciata nel finale sotto l’effetto di vendite serrate su banche, petroliferi e tlc. La Borsa di Parigi ha perso lo 0,4%, Madrid -0,1%, Londra e Francoforte hanno chiuso in parità. La Borsa inglese ha beneficiato del dato sorprendentemente positivo del Pil britannico, salito nel terzo trimestre dell’1% contro attese di +0,6%. Si tratta della più forte crescita registrata dall’economia inglese negli ultimi cinque anni e, fra l’altro, sancisce tecnicamente l’uscita della Gran Bretagna dalla fase di recessione.
Vladimir Putin dichiara di nutrire “sentimenti contrastanti” rispetto all’acquisto da parte di Rosneft di Tnk-Bp, ovvero l’acquisizione da 55 miliardi di dollari che ha creato il primo gruppo petrolifero mondiale ma ha anche riportato sotto il controllo pubblico l’industria dell’energia. “Sono stato costretto a farlo – ha detto il presidente davanti ai giornalisti – per risolvere il conflitto tra la Bp e gli oligarchi russi che possedevano metà della jv”.
ITALIA
La Borsa più penalizzata ieri è stata quella di Milano dove l’indice FtseMib ha chiuso in calo dell’1,1%. A guidare il ribasso di Piazza Affari è stata Unicredit: il titolo ha iniziato a scendere verso metà seduta quando il resto del listino, banche comprese, era ancora saldamente in rialzo. L’iniziale modesto calo si è progressivamente accentuato fino a diventare al termine della seduta un tonfo del 3,5%. Il tutto in assenza di notizie particolari.
Il “giallo” diventa ancor meno comprensibile di fronte al comportamento dei titoli di Stato. Contrariamente a quello che spesso succede, il calo delle banche non è stato accompagnato da un’analoga discesa dei titoli di Stato: in serata il rendimento del Btp a 10 anni è stabile al 4,84%, spread a quota 326, invariato dalla sera precedente.
Ieri a Roma s è tenuto il seminario riservato sulle vendite di Stato che ha avuto per protagonisti il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, i presidenti delle Camere ed esponenti politici. E’ emerso che si possono vendere in tempi non lunghi immobili tra i 3 e i 5 miliardi, a partire da una prima tranche (1,2 miliardi) da affidare ad una nuova Sgr.
Il patrimonio direttamente controllato dallo Stato ammonta a 50 miliardi circa, ovvero il 15% del totale, mentre il resto è nella mani degli enti locali. Scartata l’ipotesi di mettere in vendita le quote in mano allo Stato di Eni, Enel e Finmeccanica: ai valori attuali di Borsa valgono in tutto 12,5 miliardi contro i 22 del 2008. Non solo: le tre partecipate garantiscono dividendi per oltre un miliardo all’anno mentre il risparmio sugli interessi in caso di vendita sarebbe di soli 514 milioni.
Occhi puntati oggi sull’emissione da tre miliardi di Ctz. L’andamento di Unicredit ha contagiato le altre banche che progressivamente hanno invertito la rotta indirizzandosi al ribasso. La fotografia finale della giornata evidenzia per Intesa una perdita del 2%, Banco Popolare -1,9%, Ubi -1,4%, MontePaschi -1,6%.
Nessun enigma, invece, per Fiat -1,8%, unico titolo fra le blue chip milanesi che non ha cambiato rotta nella giornata partita già in ribasso in scia al profit warning della tedesca Daimler e finita con coerenza in ribasso. Daimler ha abbassato le stime di ricavi per l’intero 2012 e ha annunciato che non raggiungerà gli obiettivi di margine fissati per il 2013. A Francoforte Daimler ha perso il 2,7%. Al contrario Volkswagen ha chiuso con un brillante rialzo dell’1,7%.
Fra gli altri titoli industriali, negativa Finmeccanica scesa dello 0,6%, pesante StM -2,4%. Positive invece sia Fiat Industrial +1%, che Pirelli +0,1%. Positivi Ferragamo+2,2%, che ha recuperato parte delle recenti perdite, e Tod’s +1,5%. Giornata negativa, infine, per Telecom Italia che ha perso il 2,9% nella scia di France Telecom, caduta in ribasso del 5% dopo i risultati.
Marcato ribasso anche per Mediaset -1,7%. Si avvicina l’uscita di Iren da Edipower. Ma si discute sul prezzo. Il cda di Iren ha dato il via libera all’uscita da Edipower (in cui la società detiene il 21%), ma anche chiesto ai manager di aggiornare la stima dello scorso marzo fatta dal professor Maurizio Dallocchio sull’intera ex Genco, fatta il marzo scorso in occasione del riassetto Edison. Il motivo? Lo scenario energetico, e in particolare le prospettive dei cicli combinati a gas, da allora è peggiorato: in cambio della quota, oltre alle centrali (Turbigo e Tusciano) ci vorrebbe un conguaglio cash. Difficile che la controparte, cioè A2A, sia d’accordo.