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Le terre rare sono sempre più strategiche. L’Italia le importa, ma potrebbe estrarle.

Una Conferenza a Roma fa il punto sulle terre strategiche per un passaggio epocale per l’economia. Due Ministeri in campo con una Strategia in stand by

Le terre rare sono sempre più strategiche. L’Italia le importa, ma potrebbe estrarle.

La domanda di terre rare nei prossimi 7 anni aumenterà di 4,5 volte per costruire turbine eoliche. Quella di litio crescerà di 11 volte per le batterie elettriche. Le previsioni di una crescita così intensa attraversano ormai i settori produttivi più incalzati dalla transizione energetica. Gli effetti saranno orizzontali, nel senso che le componenti del futuro sostituiranno tutte quelle in uso, a determinare una svolta epocale.

E’ opinione generale che chi ha scommesso sulla ricerca e l’approvvigionamento nel mondo ha già vinto. Poca indulgenza per chi le possiede e non le sfrutta

In Italia da qualche anno esiste una piattaforma degli attori dell’economia circolare (ICESP) promossa da ENEA con 800 esperti rappresentanti di istituzioni pubbliche, imprese, mondo della ricerca. Nell’ultima Conferenza tenuta a Roma si è discusso di come affrontare il problema delle materie critiche diventato cruciale per l’Italia e per tutta l’Unione europea.

Le analisi e gli studi servono, sono utili, ci fanno capire le cose da fare, ma poi bisogna essere concreti. Il tema fa parte della Strategia nazionale per l’economia circolare ed ha trovato posto in un tavolo coordinato dal Ministero delle imprese e da quello dell’Ambiente. “ENEA ha una competenza ampia e interdisciplinare su tutti gli aspetti dell’economia circolare- dice il presidente, Gilberto Dialuce– con azioni che riguardano l’intera catena dell’implementazione delle risorse. A livello nazionale supporta i ministeri dell’Ambiente e delle Imprese e Made in Italy” . Supporta- al di là di malintesi- vuol dire che è da lì che deve arrivare la spinta necessaria. Il rischio è di attraversare i prossimi anni senza una risposta efficace.

Gli esperti dell’ICESP hanno le idee chiare e sostengono che bisogna accelerare la transizione attraverso il recupero delle materie prime critiche e strategiche da fonti secondarie. Roberto Morabito, presidente ICESP ricorda che ” l’Italia è uno dei paesi più poveri di materie prime critiche, costretto a importarne oltre il 99% necessarie per le filiere industriali hi-tech, da Paesi in alcuni casi caratterizzati da forte instabilità politica e sociale”. Il riciclo da fonti secondarie è un pilastro anche nella strategia europea degli approvvigionamenti ma è ancora poco: mancano impianti, tecnologie innovative.

“La transizione ecologica e la digitalizzazione- dice Claudia Brunori, vicedirettore all’economia circolare dell’ENEA – implicano un aumento significativo dell’uso delle materie critiche. Servono iniziative ad ampio spettro d’azione, dall’ecodesign all’uso e riuso fino alla valorizzazione dei prodotti a fine vita”.

Le terre rare in Italia

Dal lato opposto c’è la disponibilità in natura non sfruttata. L’Europa ha definito 34 materie prime critiche, alcune delle quali sono altamente strategiche per i trasporti, l’aerospazio, la difesa, l’automotive. «Nel nostro Paese possediamo 16 di queste 34 materie prime critiche- ha detto il Ministro Adolfo Urso in Parlamento- si trovano in miniere chiuse oltre 30 anni fa, per il loro impatto ambientale o per i minori margini di guadagno». Il governo può intervenire ? Giornalisti ed esperti di economia circolare hanno mappe aggiornate di dove si trovano cobalto, manganese, rame, berillio ed altro. Si può, o si deve, stabilire su come riprendere le estrazioni ? Chi deve organizzare un percorso industriale con minori impatti ambientali, usandi tecnologie, dal Piemonte al Lazio, al Friuli, alla Toscana dove le possiamo prendere? Due Ministeri, una strategia, un tavolo tecnico, una piattaforma con 800 aderenti, un’Ente di prestigio, non bastano?

La gabbia dei NO va superata, soprattutto perché la sfida della transizione si vince con le tecnologie, con gli investimenti sui brevetti e sulla ricerca. Per paradosso diventano vani anche i maggiori stanziamenti contro i cambiamenti climatici annunciati da Giorgia Meloni tre giorni fa a Dubai. Il clima peggiora perché la transizione energetica non procede come tutti avevamo sperato. Iniziamo a fare i conti.




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