A volerlo leggere con un pizzico di onestà intellettuale, viene una sonora smentita di parecchi luoghi comuni (che distorcono il dibattito sulla previdenza) dal “Monitoraggio Inps” dello scorso 2 luglio dei flussi di pensionamento (lavoratori dipendenti, autonomi, parasubordinati, assegni e pensioni sociali) riferiti alle pensioni decorrenti nel 2014 e nei primi due trimestri del 2015. Non è vero, innanzi tutto, che gli italiani siano costretti ad arrivare ad un’età veneranda per poter godere la meritata pensione. Questo assunto pretestuoso è smentito dai dati statistici. Infatti, sia nel corso di tutto il 2014, sia nel primo semestre di quest’anno, il numero dei trattamenti di anzianità/anticipati (con requisiti anagrafici più bassi) risulta superiore di quello delle pensioni di vecchiaia (rispettivamente, nel complesso delle gestioni considerate, poco meno di 57mila contro 43mila nel 2014 e circa 48mila a fronte di 18mila nel periodo considerato del 2015).
La circostanza è confermata anche dal trend dell’età effettiva del pensionamento nelle diverse tipologie. Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, nel 2014, infatti, l’età media alla decorrenza della pensione di vecchiaia (inclusi i prepensionamenti) è stata di 66,1 anni per gli uomini e di 62,9 per le donne, mentre quella per i trattamenti di anzianità/anticipati è stata di 60,4 anni per i primi e di 59 per le seconde. Nel periodo considerato dell’anno in corso, l’età media di vecchiaia è rimasta pressoché stazionaria per i maschi, mentre è salita a 63,5 anni per le donne (l’andata a regime è graduale). Per quanto riguarda il settore anzianità/anticipate, l’età media è pari a 60,1 per gli uomini e a 59,2 per le donne. Anche nel caso del lavoro autonomo (coltivatori, artigiani e commercianti) si assiste ad un’accelerazione di trattamenti anticipati che, nei primi sei mesi dell’anno, raggiungono quota 21,5mila a fronte di 27,3mila in tutto il 2014. Forte è l’exploit degli artigiani con 11,3mila trattamenti nell’anno in corso (limitatamente a sei mesi) contro i 12,4mila di tutto quello precedente.
L’età media al pensionamento anticipato anche per le gestioni del lavoro autonomo è compreso tra 60-61 anni per i maschi e tra 59-60 per le donne. Ciò significa che in Italia, nonostante i ‘’giri di vite’’ attribuiti alla riforma Fornero, una quota importante di lavoratori (in taluni casi si tratta di una maggioranza relativa rispetto alle altre tipologie di prestazioni) ancora nel 2015 varca ‘’l’agognata soglia’’ intorno ai 60 anni (poco meno o poco più a seconda del genere o della categoria). E che il trattamento di anzianità non è stato ancora ‘’superato’’ come previsto dalle norme del decreto Salva-Italia. Anzi, la situazione è cambiata, ma non di tanto (e in maniera sostenibile), rispetto a prima della riforma del 2011 che tutti, a partire dal ministro Giuliano Poletti, vorrebbero cambiare.
Ancora nel 2010, infatti, l’età media di coloro che percepirono il trattamento di anzianità era pari a 58,3 anni se dipendenti, a 59,1 anni se autonomi. L’Inps, nel commento dei dati, fornisce un’interpretazioni che a noi pare parziale e reticente. E’ scritto, infatti, nel documento che ‘’coloro i quali nel 2011 non sono riusciti ad agganciare il requisito delle quote anche in presenza di anzianità elevata (inferiore comunque a 40 anni), poiché con un’età inferiore al requisito minimo (60 anni per i dipendenti – 61 per gli autonomi), hanno cominciato quest’anno a raggiungere in misura consistente i 42 anni e sei mesi di anzianità (i requisiti sono inferiori per le donne, ndr) richiesti dal trattamento anticipato.
Tali considerazioni – aggiunge il testo – non valgono ovviamente per i cosiddetti salvaguardati, per i quali sono stati conservati, in generale, i requisiti per il pensionamento vigenti prima del 2012’’. In quest’ultimo passaggio – anche se l’Inps trascura di farlo notare – sta una delle spiegazioni dei dati relativamente bassi riguardanti l’età media di pensionamento anticipato. Sono infatti circa 40mila i soggetti salvaguardati (le varie categorie di ‘’esodati’’) i quali – durante i 18 mesi che vanno dall’inizio del 2014 alle fine di giugno dell’anno successivo – hanno potuto andare in quiescenza con le regole pre-riforma, facendo valere requisiti anagrafici più favorevoli. Per le pensioni decorrenti in tutto il 2015, i trattamenti in regime di salvaguardia – avverte l’Inps – saranno pari al 75% di quelli erogati a titolo di anticipo per i dipendenti, mentre nelle gestioni degli autonomi è atteso un fifty fifty tra vecchiaia e anzianità. Anche se l’Istituto non ne accenna, concorre certamente ad agevolare l’utilizzo del pensionamento anticipato, l’abrogazione, disposta fino a tutto il 2017 nella legge di stabilità, di quella modesta penalizzazione economica sancita, nella riforma del 2011, a carico di chi si fosse ritirato prima dei 62 anni di età.
L’importo medio dei trattamenti di vecchiaia dei lavoratori dipendenti, liquidati nel primo semestre dell’anno in corso, è stato pari a 1.139 euro mensili lordi (1.020 nel 2014); quello delle pensioni anticipate a 2.110 euro (contro 1.979 nell’anno precedente). La spiegazione è data dalla circostanza che le pensioni anticipate si basano, nei fatti, su storie lavorative più stabili, durature e continuative.