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LE PAGELLE DEL CALCIOMERCATO – Prima la Roma, seconda la Juve, Milan in recupero

LE PAGELLE DEL CALCIOMERCATO – L’ultimo colpo è stato l’acquisto di Bonaventura da parte del Milan che ha visto però sfumare Biabiany – La Roma ha fatto meglio di tutti pur cedendo Benatia e non centrando Rabiot – Bene anche la Juve senza fuochi d’artificio – Si rinforza il Milan di Inzaghi – Guarin frena l’Inter – Fiorentina con Cuadrado ma senza Pepito

LE PAGELLE DEL CALCIOMERCATO – Prima la Roma, seconda la Juve, Milan in recupero

Fine della corsa. Il calciomercato estate 2014 ha chiuso i battenti lasciandosi alle spalle, come di consueto, una scia di storie, polemiche e colpi di scena. L’ultimo giorno, solitamente da cerchiare sul calendario, non ha deluso le aspettative regalandoci ore febbrili e parecchie sorprese. Certo, gli anni d’oro restano un lontano ricordo e anche questa volta i grandi colpi sono rimasti alla larga dal calcio italiano, ma noi ci divertiamo lo stesso. Proprio come a dare i voti alle big, già sapendo che, se proprio andrà bene, azzeccheremo solo in parte i nostri giudizi. Poco importa: se è vero che non c’è estate senza calciomercato è altrettanto vero che una stagione non può cominciare ufficialmente senza le pagelle.

ROMA 8

Un punto in meno per la cessione di Benatia (un top player che sarà dura rimpiazzare) e il mancato acquisto di Rabiot, giovane di belle speranze che avrebbe reso ancor più affascinante questa Roma. Che resta comunque la regina del mercato nostrano, in tutti i sensi. Strapromosso Walter Sabatini, capace di abbinare al solito fiuto per i giovani (Uçan e Holebas su tutti) un piglio da guerriero del mercato.

Quando si è trattato di alzare la voce la Roma lo ha fatto eccome: ricordate il caso Iturbe, scippato senza tanti complimenti alle concorrenti Juventus e Milan? Da non sottovalutare poi la conferma quasi in blocco della rosa precedente, uscita senza medaglie sul petto solo perché schiacciata da una Signora semplicemente mostruosa. Il risultato è che i giallorossi hanno una squadra forte e completa, tanto che l’unico punto debole sembra proprio essere la rosa eccessiva. Per Garcia sarà difficile scegliere l’undici titolare senza polemiche, ma problemi così vorrebbero averli in tanti.

JUVENTUS 7,5

Non ha venduto né Pogba né Vidal e questa è la prima grande vittoria della premiata ditta Agnelli, Marotta e Paratici. Ci sono volte in cui le mancate cessioni valgono quanto, se non più, grandi acquisti e questo è proprio il caso della Juventus. Tre mesi fa nessuno avrebbe scommesso sulla resistenza bianconera, invece gli assalti delle big europee sono stati respinti senza troppi complimenti. Alla luce di ciò assumono un valore importante anche gli acquisti, che altrimenti avrebbero fatto storcere il naso a molti. Un conto è avere un Pereyra o un Romulo al posto di Pogba o Vidal, un altro è poterli tenere in rosa come alternative.

Il mezzo punto in meno rispetto alla Roma è figlio del caso Conte, gestito male dalla società e tamponato solo in parte dal tempestivo intervento che ha portato Allegri sulla panchina bianconere. Una Signora non può restare senza cavaliere all’inizio delle prove generali di un ballo, non sta bene e non deve succedere. E poi spiccano i mancati arrivi di un difensore centrale e di un attaccante di qualità, forse imprescindibili per puntare davvero al salto di qualità europeo. Da applausi invece il colpo Coman: guai a definirlo già ora il nuovo Pogba, ma il diamante, seppur grezzo, ha tutta l’aria di essere purissimo.

FIORENTINA 7

Anche qui vale il discorso fatto per la Juventus. Quanto vale per la Fiorentina la conferma di Cuadrado? Sulla carta tanto, anzi tantissimo: la controprova non c’è, ma siamo quasi sicuri che 40 milioni in più non avrebbero pareggiato il livello tecnico garantito dal colombiano. Certo, il calciomercato insegna che a volte le grandi vittorie nascono proprio dalle grandi cessioni (ricordate cosa combinò la Juve di Moggi vendendo Zidane?) ma siamo contenti di tenerci uno come Cuadrado nel nostro campionato. Ma la Viola non è solo JC11.

Marin è giocatore da tenere sotto controllo e il suo acquisto, alla luce del nuovo infortunio di Rossi, trova una logica non da poco. E poi Micah Richards, sulla carta uno dei migliori difensori sbarcati nel nostro campionato. Punto fermo di Mancini, l’inglese è finito nel dimenticatoio durante la gestione Pellegrini ma un conto è fare da riserva a Zabaleta, un altro è non essere in grado di fare la differenza in Serie A. Resta comunque il fatto che questa per la Fiorentina sarà la stagione della verità. Basta fingersi grandi, è arrivato il momento di crescere davvero. E il discorso vale anche per Montella.

MILAN 7

Il condor colpisce ancora. Due mesi e mezzo a prendere batoste da tutti, sul campo e sui giornali, poi Galliani decide di spiccare il volo e il Milan si rialza dalle ceneri. Il colpo Bonaventura certifica un progetto che ora assume un senso compiuto agli occhi di tutti, non solo ai privilegiati delle cene di Arcore. Non è un Milan da scudetto ma da battaglia sì e questo, dopo il terribile anno passato, è il primo successo della gestione Inzaghi. Gioiellino ex Atalanta a parte (comunque scippato alla concorrenza dell’Inter), i rossoneri hanno costruito una squadra senza spendere quasi nulla.

Da Diego Lopez a Torres, passando per Alex, Armero, Menez e Van Ginkel, è un Milan di prestiti e parametri zero ma poco importa: d’altronde in tempi di crisi bisogna ingegnarsi e Galliani è un maestro. Ottime anche le cessioni, per una volta riuscite quasi in toto. Mexes e Zaccardo a parte, tutti gli indesiderati hanno fatto le valige. In particolare Balotelli, ceduto a 20 milioni cash nonostante un Mondiale disastroso, ma anche Robinho, Kakà e Constant. I nei? Il mancato riscatto di Taarabt, uno che poteva davvero fare la differenza in Italia e la vendita a titolo definitivo di Cristante: un prestito sarebbe stato accettabile, così invece il rischio di ritrovarsi tra qualche anno con le unghie dimezzate è grosso. Il Milan però c’è, eccome se c’è.

INTER 6,5

Avesse ceduto Guarin e acquistato un attaccante in più avrebbe preso un voto più alto, addirittura superiore alla Fiorentina se il nome in questione fosse stato quello di Lavezzi. Così invece resta la sensazione di un progetto incompiuto, una sorta di vorrei (terzo posto) ma non posso (anche se poi è tutto da vedere). Certo, è inevitabile che il giudizio sia sporcato dalla brutta prova di Torino in cui l’Inter ha mostrato ancora una volta dei limiti strutturali oggettivi. Guai però a lasciarsi andare a disfattismi di ogni sorta: il lavoro di Ausilio è stato buono anche alla luce delle direttive di Thohir. Il presidente è stato chiaro, prima il bilancio e poi il resto. E allora, con queste premesse, l’aver portato in nerazzurro gente come Vidic, Medel e Osvaldo è un merito bello e buono.

Qualche riserva in più su M’Vila (confinato in Russia ed escluso dal giro di Deschamps) e Dodò (tanti, troppi infortuni nella Capitale) ma tutto sommato la rosa è di valore. La coperta è corta in attacco, dove Mazzarri avrà a disposizione solo tre punte di ruolo. Certo, Kovacic ed Hernanes possono giocare avanzati ma in certe partite, tipo quella di Torino, c’è bisogno di gente col fiuto del gol e questo non è esattamente il punto di forza del croato e del brasiliano. Peccato poi essere rimasti ostaggi di Guarin, giocatore ormai bruciato dal malumore della piazza e di Mazzarri. A meno che il colombiano, contro ogni pronostico, non si riveli l’uomo in più per questa Inter.

LAZIO 6,5

Mezzo punto in meno per il caso Astori, il cui passaggio alla Roma ha avuto l’effetto di un derby perso, e pure male. Ma la Lazio ha fatto un ottimo lavoro, acquistando giocatori di livello internazionale e mantenendo in rosa tutti i migliori. Non era facile resistere alla tentazione di cedere Candreva e Lulic e anche Biglia e Klose, dopo l’ottimo Mondiale disputato, potevano scappare di mano. Lotito invece ha tenuto duro, d’altronde lo fa da anni in una piazza che non lo ama (eufemismo) e che non perde occasione per contestarlo. Questa volta però il pittoresco numero uno biancoceleste si è mosso bene a cominciare dalla scelta del tecnico.

Stefano Pioli non gode di grande stampa ma è quasi sempre riuscito a cavare succo dalle rape, e quando non lo ha fatto è stato solo per oggettiva impossibilità (vedi Bologna). Parolo lo volevano tutti, idem Basta per non parlare di De Vrij, uno dei più brillanti nel Mondiale brasiliano. Da non sottovalutare l’acquisto di Djordjevic, attaccante poco pubblicizzato ma reduce da ottime cose in quel di Nantes: Klose non dormirà sonni tranquilli. Ceduti poi tanti rami secchi, da Dias a Biava, passando per giovani poco brillanti come Alfaro. Il risultato è che la panchina è lunga come non mai: in pochi infatti possono permettersi di tenere Mauri e Ledesma fuori dall’undici titolare. La Lazio fa sul serio e l’Europa League, dopo un mercato del genere, non è un sogno ma un obbligo.

NAPOLI 5

La vera delusione del mercato. Tanto per cominciare gli azzurri sono gli unici ad aver già raccolto un fallimento pesante, quasi irrimediabile. Fallire l’accesso alla fase a gironi di Champions è imperdonabile anche perché resta la sensazione di un insano masochismo. Perché non dare a Benitez un paio di rinforzi per una sfida che, numeri alla mano, valeva quasi 30 milioni di euro? La risposta non la sapremo mai ma c’è da scommettere che, qualora dovesse ricapitare lo scoglio preliminari, De Laurentiis si comporterà molto diversamente. Intendiamoci, la rosa del Napoli è tutt’altro che da buttare e le conferme di Callejon e Higuain, contesi a suon di milioni da Psg e Barcellona, non vanno sottovalutate.

Però non riusciamo a vedere un vero e proprio miglioramento della rosa, anzi la squadra sembra indebolita. In attesa di essere smentiti da De Guzman e David Lopez non capiamo le cessioni di Behrami e Dzemaili, due che in Italia si facevano sentire eccome. E poi ben vengano gli acquisti di Koulibaly e Michu ma solo in supporto a Fernandez e Pandev, non al loro posto. Così si rischia un’altra stagione nel limbo, proprio quello che il pubblico partenopeo voleva evitare. Napoli sogna lo scudetto e nell’aria si respira un’insoddisfazione esplosa solo in parte dopo l’eliminazione europea. A Benitez il compito di riportare il sereno tra tifosi e giocatori (troppi musi lunghi nello spogliatoio), per evitare un’annata che sta già prendendo una brutta piega.    

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