Estendendo l’intera rotonda del museo, la mostra è la prima personale di Johnson al Guggenheim, la sua più grande mostra fino ad oggi e la prima ampia retrospettiva museale dedicata alla sua opera in oltre un decennio. Rashid Johnson: A Poem for Deep Thinkers riunisce più di novanta opere, tra cui una scultura all’aperto e nuove opere realizzate appositamente per la mostra, due delle quali saranno attivate attraverso performance in corso.
La rassegna abbraccia fasi cruciali della carriera di Johnson, includendo serie di grande rilievo come The New Negro Escapist Social and Athletic Club, Cosmic Slops, dipinti su mensole realizzati con sapone nero, opere testuali realizzate con spray, le più recenti serie Anxious Men e Broken Men, e sculture di grandi dimensioni per interni ed esterni. La mostra offre una cronologia approssimativa dell’evoluzione artistica di Johnson nell’arco di quasi tre decenni, attraversando cicli di alienazione sociale, autoanalisi e libertà artistica. A partire dalle sue prime esplorazioni nella fotografia, nel video e nelle installazioni, fino alle sue recenti avventure in dipinti e assemblaggi materialmente ibridi, Johnson apporta sfumature all’esplorazione della psiche umana nel contesto delle profonde influenze storiche del nostro tempo, riflettendo al contempo sui temi della mascolinità, della genitorialità e della cura di sé e degli altri.
Il titolo da una poesia di Baraka
Il titolo della mostra, A Poem for Deep Thinkers, prende il nome da una poesia di Amiri Baraka, poeta, scrittore, insegnante e attivista politico americano, il cui lavoro è una frequente fonte di ispirazione per Johnson.
Una grande scultura in acciaio accoglierà i visitatori
Avvicinandosi al museo, i visitatori vengono accolti dalla scultura esterna di Johnson, Black Steel in the Hour of Chaos (2008), una grande scultura in acciaio con linee di taglio ispirate al design grafico e riferimenti al mirino di una pistola, che richiama le opere di Jasper Johns dedicate al bersaglio. Direttamente influenzata dai pionieri dell’hip-hop Public Enemy, l’opera invita lo spettatore a chiedersi chi abbia il controllo. All’interno del museo, il pavimento della rotonda presenta Untitled (2025), una nuova opera a mosaico realizzata appositamente per la mostra al Guggenheim, insieme a Rotunda Stage (2025), uno spazio interattivo per performance. Salendo la prima rampa, i visitatori vengono accolti dalla fotografia di Johnson Self-Portrait Laying on Jack Johnson’s Grave (2006), un’opera giovanile che esplora le origini culturali, collegando il cognome dell’artista e le sue radici a Chicago (dove si trova la tomba) al primo pugile nero dei pesi massimi la cui vittoria su un pugile bianco nel 1910 scatenò rivolte razziali.
Spiega Johnson: “Questa mostra prosegue il dialogo in cui ho sempre investito: un dialogo che permette libertà di espressione e consapevolezza delle possibilità artistiche. Ho sempre abbracciato la fluidità tra i media. Per me, la specificità del medium non è mai stata l’obiettivo: si tratta di come il progetto possa muoversi liberamente tra forme diverse, creando spazio per un dialogo più ampio che vada oltre i limiti di un singolo medium“.
L’artista: Rashid Johnson
Nato a Chicago nel 1977, Rashid Johnson ha conseguito una laurea triennale in Fotografia presso il Columbia College di Chicago, seguita da studi post-laurea presso la School of the Art Institute di Chicago, dove ha affinato la sua pratica multidisciplinare. Johnson vanta una lunga collaborazione con il Guggenheim come artista espositivo (di recente ha esposto in “By Way Of: Material and Motion” alla Collezione Guggenheim nel 2024 e “Storylines: Contemporary Art at the Guggenheim” nel 2015), nonché come sostenitore e finanziatore del programma di tirocinio del museo; oltre ad essere stato membro del Consiglio di Amministrazione del museo. È inoltre presente nella collezione Guggenheim con quattro opere, che spaziano dalla pittura scultorea al cinema e al video. Le sue opere sono state esposte presso l’Art Institute di Chicago, il Whitney Museum of American Art di New York, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Detroit Institute of Arts, il Walker Art Center di Minneapolis, il Corcoran Museum of Art di Washington, DC, l’Institute of Contemporary Photography di New York e il Museum of Contemporary Photography di New York. il Brooklyn Museum of Art di New York e il Museum of Contemporary Art.
I curatori della mostra
La mostra è curata da Naomi Beckwith, vicedirettrice e Jennifer e David Stockman, curatrice capo del Solomon R. Guggenheim Museum and Foundation di New York, e da Andrea Karnes, direttrice ad interim e curatrice capo del Modern Art Museum di Fort Worth, Texas, con il supporto aggiuntivo di Faith Hunter, assistente curatrice del Guggenheim di New York.