La strada dell’innovazione e della sostenibilità sta costando cara alle imprese italiane. I soldi presi in prestito dalle banche per riorganizzare produzioni e tanto altro tardano ad essere restituiti e così il Centro studi di Unimpresa ha fatto sapere che i prestiti non rimborsati ammontano a 38 miliardi di euro. Una cassaforte da aprire, per mano di chi, non si sa. Si tratta per lo più di prestiti che nel gergo bancario sono non performing loan (npl), cioè crediti deteriorati o inesigibili. Se ne parla da mesi ma i numeri cominciano a spaventare e l’autunno che qualcuno dice caldo è arrivato.
Al Forum Ambrosetti di Cernobbio il ministro delle Imprese, Adolfo Urso ha ribadito che il governo sta lavorando ad un provvedimento, soprattutto a favore delle piccole e medie imprese. Si parla di un’operazione che consentirebbe agli imprenditori di ricomprare il prestito a un prezzo prestabilito, in pratica ad una percentuale del valore originario. L’operazione avrebbe effetti retroattivi generando non poca confusione sui mercati e sugli investitori. I crediti sono spalmati in tutta Italia, ma la Lombardia ha toccato il record con oltre 9 miliardi: il 24,5% del totale nazionale. A seguire ci sono il Lazio con 5 miliardi e mezzo e l’Emila Romagna con 3,4 miliardi. Tutte e due insieme sfiorano la Regione più industrializzata del Paese. Una corsa a perdere o no ?
Unimpresa ha tenuto a comunicare che l’ammontare dei prestiti “scappati” riguarda circa 15 miliardi di sofferenze reali, ovvero quelle che nei bilanci vengono iscritte al capitolo perdite. Altri 21,8 miliardi vengono classificati “inadempienze probabili”. Insomma, una botta difficile da sopportare con la politica dei tassi a spaventare tutto e tutti e un esecutivo che a Monza Meloni dice deve “correre di più” ma a Roma è fermo ai box. Per quanto riguarda la black list dei prestiti bisogna considerare la struttura industriale delle singole Regioni che hanno affrontato sfide tecnologiche, post Covid, caro energia, aumento delle materie prime, innovazione. All’ultimo posto c’è la Calabria con 237 milioni di euro: cifra che spiega alcune cose.
I prestiti sono “debito buono”?
L’allarme del Centro Studi Unimpresa che ha lavorato su dati della Banca d’Italia è ,dunque, fondato. Tutti vorremmo un’Italia più virtuosa e con prestiti finalizzati a migliorare il sistema Paese. Se i dati vengono letti come riflesso di un’azione estesa vero la transizione digitale ed energetica, il governo potrebbe sforzarsi di aprire ipotesi negoziali non soffocanti per le imprese. Forse verrebbe fuori la natura reale del debito, orientato allo sviluppo ed alla competitività ecologica. Una specie di “debito buono”, come diceva Mario Draghi. Al contrario se dovessero emergere prestiti senza valore aggiunto sostenibile e/o innovativo sarebbe un disastro e gli industriali furbacchioni da punire. “I crediti deteriorati- ha spiegato Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa- vanno tenuti sotto controllo per due ragioni: la prima è che la liquidità concessa a tassi variabili è soggetta ad aumenti delle rate. Questo vuol dire nel tempo, maggiori difficoltà nell’onorare le scadenze relativi ai rimborsi. Il secondo motivo riguarda i tassi in crescita sui nuovi prestiti, cioè condizioni di accesso al credito sempre più sfavorevoli per le imprese”. Spadafora condivide anche la tassa sugli extraprofitti delle banche. A suo parere “deve servire come moral suasion nei confronti dei vertici del sistema bancario affinché cambino atteggiamento e siano più attenti alle esigenze delle imprese». Forse non ha calcolato bene tutti gli effetti sul sistema del credito a favore delle imprese e sui grandi obiettivi del sistema Italia di cui parla la premier Giorgia Meloni. Ma c’è tempo per ricredersi
Su ciò che pensa di fare il governo è arrivato un giudizio che pesa, quello di Scope Ratings L’ Agenzia di rating euopea ha bocciato senza appello le idee patriote di Meloni, Urso e Fratelli d’Italia. “La proposta del governo potrebbe infliggere danni collaterali significativi al mercato italiano degli npl ”. Ci sono problemi legati ” all’opzione di riacquistare le esposizioni già vendute a terze parti attraverso gli ABS o la cessione dei credito” riporta Finanza online. Diciamo che per la politica, l’estate si conferma stagione di cattivi pensieri e abbagli. Turbolenze, infatti, ci sono già state e prima ancora di conoscere la cifra record di 38 miliardi di sofferenze. Bisogna fare qualcosa per uscire dall’ impasse. La faccenda si è fatta seria e la cassaforte non è un miraggio.