Ieri le due agenzie americane che vigilano sulle grandi banche hanno emesso di concerto un forte warning sulla situazione di alcune grandi banche sistemiche: su cinque di esse i rilievi sono stati gravi (Bank of America, Bank of New York Mellon, JP Morgan Chase, State Street e Wells Fargo); i loro piani di risoluzione in caso di bancarotta non sono adeguati ad impedire un nuovo intervento dello Stato ovvero del contribuente. Sui piani di Goldman Sachs e Morgan Stanley sono state segnalate inadeguatezze rispettivamente dalla FDIC (Federal Deposit insurance Corp.) e dal Federal Reserve Board, mentre la Citigroup è stata invitata a risolvere alcune debolezze individuate da entrambi i vigilanti. Queste banche “sistemiche” (con totale attivo di almeno 50 miliardi di dollari) dovranno mettersi in regola a tambur battente entro il 1° ottobre.
Il fatto riporta alla ribalta il problema del “Troppo grandi per fallire” (Too-Big-To-Fail) ovvero l’azzardo morale che le dimensioni eccessive agevolano poiché si massimizzano i profitti puntando sugli affari a rischio elevato contando sul salvataggio pubblico in caso di fallimento. Val la pena ricordare che all’indomani della precedente grande crisi, prodotta dagli azzardi morali delle grandi banche, pareva prevalere l’idea che queste dovessero “operare un aggiustamento divenendo più piccole, più semplici e più sicure” (Relazione 2009 della Banca dei Regolamenti Internazionali, p. 134). Nulla di tutto ciò è avvenuto e le potenti lobby degli interessati hanno fatto spostare l’enfasi sulla dotazione patrimoniale, ben sapendo che non c’è patrimonio che possa tenere di fronte ad una nuova grande crisi. E’ noto che le banche piccole incontrano minori problemi a ricapitalizzarsi in caso di crisi, non foss’altro che per la ridotta dimensione dell’eventuale problema. Ciò è confermato dai parametri di patrimonializzazione raccolti regolarmente da Mediobanca (Le principali società italiane, riepiloghi delle banche per categoria). Nel 2014 la quota più elevata dei mezzi propri sul totale attivo era quella del 16,4% registrata dalle piccine BCC, cioè quelle banche che si vorrebbe far crescere sino a diventare un fantomatico “terzo polo” bancario.
Come d’uso, le autorità europee sbagliano politica e chiedono irrobustimenti dimensionali e fusioni. In America, secondo quanto ci informa il New York Times di oggi, vi sono invece candidati alla presidenza, come il Senatore Bernie Sanders, che intelligentemente chiedono un break-up delle banche maggiori. Speriamo che tengano duro perché questo ritorno di ballo sul Titanic non è affatto entusiasmante in presenza di previsioni economiche già negative.