Fratelli separati di crescita e uniti nel successo, si può sintetizzare in questo gioco di parole la parabola di Vincenzo e Antonio Lebano, giovanissimi ma già alla testa delle cucine di uno degli alberghi più prestigiosi e storici di Milano, l’Hotel Gallia dove per decenni si sono decise le sorti del campionato di calcio italiano. Originari della Campania, Vincenzo e Antonio prima di approdare all’ombra della Madonnina, hanno conosciuto i sapori della cucina napoletana a scuola dalla mamma e dalle nonne che a sera pulivano le verdure provenienti dall’orto e dalla campagna, spiegando loro le differenze, come riconoscerle, come andavano cotte e cucinate, come andavano accompagnate.
Racconti di vecchie storie e tradizioni che hanno colpito molto la fantasia dei due ragazzi a tal punto da appassionali all’idea di vedere il proprio futuro in cucina, ai fornelli, a mettere in pratica tutti i consigli che avevano ricevuto da piccoli. Ed è stata proprio la conoscenza e la capacità di valorizzare al massimo le qualità delle materie prime a spianare loro la strada di una brillante carriera.
Vincenzo Lebano, classe 1987, subito dopo la scuola alberghiera, riceve il suo battesimo, e che battesimo, di alta cucina, andando a lavorare presso La Torre del Saracino di Gennaro Esposito, 2 stelle Michelin a Vico Equense, passa quindi per il San Pietro a Positano (SA), 1 stella Michelin, per lo Chalet d’Adrien a Verbier in Svizzera, 1 stella Michelin, per Il Piastrino di Pennabilli (RN), 1 stella Michelin e dal tristellato Da Vittorio a Brusaporto dei fratelli Cerea.
Anche il curriculum di Antonio, il più giovane – è nato nel 1991 – non è da meno. Il cammino che lo porterà poi a ricongiungersi con il fratello a Milano parte dalla scuola alberghiera e si snoda attraverso il ristorante la Parolina di Acquapendente, 1 stella Michelin, Villa Crespi con Antonino Cannavacciuolo, 2 stelle Michelin a Orta San Giulio (NO) e Da Vittorio, 3 stelle Michelin a Brusaporto.
E galeotta fu l’esperienza dai fratelli Cerea che quattro anni anni fa vengono chiamati dalla nuova proprietà internazionale del Gallia che ha effettuato una ristrutturazione milionaria e extralusso dell’albergo, tutto vetri, specchi, trenta megalampadari di murano, opere d’arte moderna, firme prestigiose degli arredi di Vico Magistretti, Achille Castiglioni, Giò Ponti, Luigi Caccia Dominioni e Franco Albini, per una consulenza per le cucine della terrazza scenografica che si affaccia sul piazzale Duca d’Aosta e il ristorante al piano terra.
I Cerea non hanno esitazione, e indicano i due fratelli Lebano che hanno avuto di apprezzare per le loro incredibili qualità nelle loro cucine e che ben potranno esprimere una linea di cucina al livello richiesto per il rinnovato Hotel Gallia.
Ed è così che i percorsi dei due fratelli, con tutto il carico del bagaglio gastronomico acquisto separatamente, si ricongiungono in una esperienza unitaria, fatta di confronto e di stimolo, di condivisione e supporto in una cucina che esprime innovazione e tecnica, aperta al nuovo nel saldo ricordo delle proprie origini napoletane. Ma soprattutto nella ricerca quasi ossessiva di materie prime di altissima qualità.
Come è testimonianza la ricetta di queste Caramelle di Bresaola e burrata, Non una Bresaola qualsiasi ma quella nata nel 2016 da un progetto, firmato Gio Porro, basato su un nuovo metodo di produzione (brevettato) della pregiata bresaola della Valtellina, battezzato Metodo Zero che coniuga la qualità artigianale di una volta e l’avanguardia dell’Industria 4.0. Un prodotto unico dove 0 sta per assenza totale di nitriti, nitrati, glucosio, lattosio, conservanti e additivi, grazie anche alla robotizzazione. Un progetto che parte da lontano per ottenere uno straordinario sapore delle carni trattate che si basa su alcuni capisaldi: si utilizzano carni bovine delle migliori razze mondiali, perché più magre e sane. Inoltre l’assenza di nitriti e nitrati non viene compensata con falsi sostituti vegetali, ma con una vera innovazione di processo scientificamente validata.
La formula di Metodo Zero è segreta: è dato solo sapere che è basata sul tempo e sull’uso del freddo. “Secondo l’industria tradizionale – spiega Andrea Porro – la bresaola è pronta dopo 28 giorni di affinamento. Noi invece impieghiamo fino a 6 mesi per la stagionatura. Con camere stagne e controllo digitale della produzione. Ho impiegato cinque anni per i test. Lo stabilimento l’abbiamo costruito e messo in funzione in un anno e mezzo”.
Il risultato è una carne così preziosa che viene avvolta nelle confezioni di vendita in una pellicola messa a punto da un ingegnere aerospaziale.
E chiaro a questo punto che una materia prima così trattata si presta a usi e consumi diversificati. Il grande successo di pubblico registrato dalla Bresaola della Valtellina nell’arco di un decennio ha interessato diversi chef che ne hanno studiato un impiego gourmet in preparazioni gastronomiche elaborate e non più solo limitate all’uso dell’affettato classico.
Per i lettori di First&Food proponiamo una preparazione originale e di rapida esecuzione, quasi istantanea, elaborata dei fratelli Lebano che fondono nel piatto la burrata e il limone rimembranza delle loro origini meridionali con la Bresaola della Valtellina che appartiene alla cultura più classica della loro terra di adozione. Il risultato è un fresco piatto innovativo per l’estate.
Caramelle di bresaola Angus, burratina, mandorla, limone candito e insalatine
Ingredienti per quattro persone
12 fettine di bresaola Gio Porro
150 g burrata di Andria
50 grammi di acqua
50 grammi di mandorle di Avola senza pelle
24 fettine di limoni canditi
Sale e Pepe
Mignonette di insalatine di campo rucola spinacino senape riccia e lollo.
Preparazione
Adagiare una fettina di Bresaola su due fettine di limone candito
Preparare una crema facendo cuocere le mandorle.
Guarnire la composizione con una punta di crema di mandorle e le insalatine