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Le banche Usa strapagano i talenti: 110 mila dollari a un analista junior

FIRSTonline

Il 19 gennaio i dipendenti di JP Morgan hanno cominciato la loro giornata lavorativa con una gran bella notizia. La banca d’affari americana, per la seconda volta nel corso dell’ultimo anno, ha deciso di aumentare gli stipendi dei lavoratori. Le retribuzioni degli analisti junior, giovani al primo anno di lavoro per intenderci, saliranno da 100mila a 110mila dollari. Al secondo anno di impiego ci sarà uno scatto di anzianità che farà lievitare il loro salario annuale a 125mila dollari (da 105mila), al terzo anno si arriverà a 135mila dollari (da 110mila). Per i professionisti più esperti si andrà invece da 175mila dollari il primo anno a 225mila al terzo anno.

Cifre impossibili da guadagnare in Italia sia per giovani lavoratori che, spesso, anche per i colleghi con maggiore anzianità. Nei dintorni di Wall Street, invece, stipendi del genere stanno diventando la regola in un periodo in cui le principali società del settore, tra le quali Goldman Sachs, CitiGroup e Morgan Stanley, stanno combattendo quella che i giornali americani chiamano la “guerra dei talenti”. Lo scopo è quello di accaparrarsi i giovani più capaci e promettenti, ma soprattutto di conquistarsi la loro fedeltà, in un periodo in cui i fermenti del mercato hanno generato profitti record grazie a un vero e proprio boom di fusioni e acquisizioni, offerte pubbliche iniziali e accordi di debito. Tutte operazioni che richiedono la presenza di professionisti competenti in grado di realizzarle nel migliore dei modi. “Lo straordinario flusso di accordi visto nel 2021 e i fitti calendari di fusioni e acquisizioni” hanno bisogno di “organismi competenti e formati capaci di eseguire le transazioni”, spiega Financial Career. Le trattative in corso non possono essere affidate ai robot o a lavoratori privi delle cosiddette hard skills. Per questo motivo la tendenza attuale sembra essere chiara: chi vuole accaparrarsi i migliori talenti, deve pagarli di più. 

La decisione di JP Morgan arriva a una settimana di distanza dalla pubblicazione dei dati trimestrali e annuali, che non a caso hanno mostrato utili sopra le attese, ma anche costi operativi in forte aumento nel 2021 (+11% a 17,9 miliardi di dollari per la precisione). 

Secondo i dati forniti dal Financial Times, lo scorso anno le principali banche di Wall Street hanno incrementato le retribuzioni di quasi il 15%. Prendendo in considerazione solo le prime cinque – JPMorgan Chase, Citigroup, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Bank of America – nel 2021 l’ammontare complessivo di retribuzioni e bonus ha raggiunto quota 142 miliardi di dollari dai 124 miliardi del 2020, con tutti e cinque gli istituti che hanno deciso di gonfiare i salari nel tentativo di soddisfare i loro migliori banchieri e far fronte all’aumento globale dell’inflazione salariale. 

L’anno passato, sottolinea il quotidiano inglese, i banchieri di Goldman Sachs hanno ricevuto 30 centesimi per ogni dollaro guadagnato dalla banca, con stipendi medi intorno ai 400mila dollari (+22,8% rispetto al 2020) e retribuzioni base sopra i 110mila dollari. Quelli di Morgan Stanley hanno intascato 41 centesimi per ogni dollaro di entrate, mentre quelli JPMorgan hanno ricevuto 25 centesimi per ogni dollaro guadagnato dall’istituto.

 “La pressione sulle retribuzioni viene anche dall’enorme quantità di stimolo monetario e fiscale che ha cambiato le dinamiche e deriva dal fatto che operiamo davvero con un impiego quasi completo”, ha spiegato David Solomon, amministratore delegato di Goldman Sachs. “Saremo competitivi in ​​termini di retribuzione”, aveva promesso la scorsa settimana Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan. “E se ciò riduce un po’ i margini per gli azionisti, così sia“. 

Una precisazione, quest’ultima, tutt’altro che casuale, dato che dopo la pubblicazione delle trimestrali che hanno mostrato un generale aumento dei costi operativi, le preoccupazioni per l’incremento delle retribuzioni hanno pesato sull’andamento titoli delle banche quotate a Wall Street.

I timori riguardano soprattutto il prossimo futuro. Finora, gli aumenti salariali sono stati in gran parte coperti da un incremento delle entrate, ma cosa succederà quando gli stimoli monetari verranno meno (la Fed ha già avviato la riduzione) e il fermento sui mercati si placherà? Gli aumenti potrebbero essere seguiti da tagli generalizzati ai posti di lavoro. Forse è dunque il caso di cominciare a fare bene i calcoli. 

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