Per la prima volta dal 2001 il commercio internazionale cresce meno del Pil mondiale. Lo ha certificato ieri il Wto, che ha rivisto al ribasso, dal 2,8 all’1,7%, le stime per il 2016, attribuendone la causa alla frenata dell’economia cinese ed al calo dell’import negli Usa. È la conferma che l’economia mondiale, sostenuta dai bassi tassi di interesse, avanza su un terreno fragile, alla ricerca di nuovi equilibri e, soprattutto, di nuova energia, in attesa che gli Usa esprimano la nuova leadership.
Nel frattempo gli umori si dividono: soffrono i mercati europei, investiti dai guai delle banche tedesche, mentre Wall Street sale (moderatamente), con gli investitori che festeggiano il successo di Hillary Clinton nel primo confronto televisivo con Donald Trump. Ma lo show, che ha tenuto incollati 83 milioni di americani davanti al video, è appena cominciato. A deprimere il quadro contribuisce il petrolio, in forte calo, in attesa del flop annunciato del vertice Opec di oggi ad Algeri. La mappa dei mercati riflette questa realtà a due volti.
ASIA DEBOLE, I CONSUMI SPINGONO AMAZON E NIKE
Deboli stagione i listini asiatici, nonostante i guadagni di Wall Street. Perde colpi a Tokyo l’indice Nikkei (-1,5%), sotto la pressione dello yen. In discesa anche il listino Asia-Pacific e le Borse cinesi.
Modesto il successo dell’Ipo della Posta Saving Bank al listino di Hong Kong: l’offerta (7,4 miliardi di dollari, la più importanti dal 2014) è stata assorbita a fatica dal mercato nonostante gli sforzi di un agguerrito consorzio composto da 26 banche.
Diverso il copione di Wall Street: il Dow Jones sale dello 0,74% davanti all’indice S&P 500 +0,64%. Il Nasdaq ha messo a segno un guadagno dello 0,92%. A trainare al rialzo i listini è stato, oltre all’esito del confronto Clinton-Trump, il dato sui consumi: l’indice sulla fiducia dei consumatori elaborato da Conference Board è volato in settembre a 104,1 punti, massimo da agosto del 2007. Il consensus si aspettava un calo a 99 da 101,8 di agosto. La notizia ha messo le ali ai titoli più legati alla voglia di spendere delle famiglie: guida la corsa Amazon (+2,12%), davanti a Nike (-1,73%) e Coca Cola (+1,28%).
CONFISCA RECORD A WELLS FARGO. OGGI PARLA LA YELLEN
Il cda di Wells Fargo (+0,74%), nel tentativo di tamponare gli effetti dello scandalo dei conti correnti e delle carte di credito truccate, ha deciso la confisca dei premi aziendali, bonus, stock options e dello stipendio del ceo John Stumpf: in tutto 41 milioni di dollari. Oggi Janet Yellen comparirà davanti al Congresso per la consueta audizione parlamentare.
SI ALLONTANA L’ACCORDO, PETROLIO IN CADUTA
Perdono nuovi colpi i prezzi petroliferi: il Brent scivola sotto i 46 dollari, con un calo nell’ordine dei tre punti percentuali, il Wti è poco sopra i 44 dollari. È in pratica svanita la speranza che il vertice di Algeri di oggi riesca a mettere d’accordo i produttori su un contingentamento della produzione per sostenere le quotazioni.
L’Iran, che insiste per far salire la sua produzione a 4,2-4,3 milioni di barili al giorno (contro gli attuali 3,6 milioni) ha rifiutato il compromesso offerto dall’Arabia (disponibile a ridurre la produzione di 1 milione di barili nel caso Teheran accettasse di non salire oltre i 4 milioni di barili). “A questo punto non mi aspetto un’intesa a breve”, ha detto il ministro sauditi Khalid Al-Falih. D’accordo con lui una volta tanto il collega iraniano: “Non è il momento di siglare accordi”.
Recuperano in serata i petroliferi Usa: Exxon e Texaco +0,2%. Restano in calo i titoli europei. A Milano Eni ha chiuso in calo dello 0,4%, Saipem -1,7%, Tenaris -1,4%. La francese Total ha perso il 2,7%.
DRAGHI AFFRONTA IL BUNDESTAG. OGGI L’ASTA BOT
I problemi delle banche tedesche combinati con l’andamento negativo del settore energia e le tensioni politiche in Italia hanno contribuito alla terza giornata consecutiva di ribasso per le Borse europee. In questa cornice cresce l’attesa per l’intervento di oggi che Mario Draghi terrà al Parlamento tedesco, dove lo attende la contestazione dei nemici del Quantitative Easing, cui una parte dei parlamentari attribuisce buona parte delle responsabilità dei guai del mondo del credito d’oltre Reno.
Piazza Affari ha chiuso ieri con l’indice FtseMib in calo dello 0,3% a quota 16.135 dopo essere scesa sotto la soglia dei 16.000 punti nel corso della seduta. Parigi e Londra sono scese dello 0,3%. Fa peggio Francoforte (-0,5%), azzoppata dai problemi delle banche e di Volkswagen. Il mercato obbligazionario italiano ha scontato il pessimismo generale, che premia il Bund e i titoli di Stato core. Il tasso del Btp decennale sale a 1,219% da 1,194% mentre lo spread su Bund a 10 anni si è allargato fino a 141 punti base, massimo dal 30 giugno. S’allarga ancora la forbice tra i Btp e i Bonos spagnoli, salita a 32 pb (+4 punti). Il tasso del decennale spagnolo ha toccato il minimo storico a 0,89%.
Oggi proseguono con l’offerta dei Bot semestrali le aste di fine mese del Tesoro. Sul mercato grigio il titolo sconta un rendimento di -0,234%, lievemente superiore al -0,236% registrato nell’asta di fine agosto.
DEUTSCHE BANK-COMMERZBANK, DISASTRI GEMELLI
È stata una nuova giornata di passione per la Germania. A partire dalle grandi banche, ormai al centro di una crisi sistemica. Deutsche Bank ha toccato in mattinata un nuovo minimo storico a 10,18 euro per poi reagire e chiudere a quota 10,55. I vertici del gruppo hanno confermato di essere in grado di risolvere in casa i propri problemi senza aumento di capitale. Ma il mercato non si fida: il CDS (strumento derivato utilizzato a copertura del rischio default) a 5 anni è schizzato in rialzo del 25% in una settimana, solo ieri +10%.
L’emergenza ha contagiato anche Commerzbank, la seconda banca del Paese, già salvata dall’intervento pubblico. Il titolo ha ceduto ieri il 2,2%, ampliando la perdita da inizio anno al 40%. L’istituto, secondo un articolo di Die Handelsblat, potrebbe tagliare circa 9mila posti di lavoro nei prossimi anni, nell’ambito di una ristrutturazione i cui costi potrebbero arrivare fino a un miliardo di euro. Il piano di ristrutturazione sarà presentato il 30 settembre. La Banca, di cui lo Stato federale è azionista al 15%, ha circa 50mila dipendenti.
BUNDESBANK: BASTA BANCHE-DINOSAURO
La Germania non sembra disponibile a stendere una rete di salvataggio per il sistema del credito. Dopo l’atteggiamento di chiusura dimostrato da Angela Merkel, ieri è stata la volta di Andreas Dombret, il membro del consiglio della Bundesbank incaricato della supervisione. Il banchiere, nel corso di un intervento a Vienna, non ha escluso una cura dimagrante per il sistema, sia con il ridimensionamento degli istituti maggiori che con la scomparsa di banche dalle dimensioni più limitate. Il peso delle banche sul Pil è già sceso dal 360% del 2011 al 230%, percentuale ritenuta comunque ancora troppo elevata dal membro della Buba. Insomma, basta con le banche dinosauro, ormai un peso più che un vantaggio per il funzionamento dell’economia.
LA MULTA USA FA TREMARE VOLKSWAGEN
Di tutt’altro tenore le difficoltà di Volkswagen (-2,5%), a seguito delle indiscrezioni su una nuova multa in arrivo negli Stati Uniti riportate da Bloomberg in cui si dice che il Dipartimento di Giustizia sta valutando la forza finanziaria del gruppo prima di decidere la sanzione. Dopo la pena inflitta a Deutsche Bank, causa prima del tracollo della Banca, la Germania è di nuovo alla sbarra nei tribunali Usa. Il gruppo di Wolfsburg ha risposto che la cifra stanziata per far fronte allo scandalo dei motori diesel truccati copre già completamente tutti gli esborsi, di qualunque tipo. “La struttura finanziaria di Volkswagen è piuttosto robusta. Oggi il totale delle poste straordinarie legate alla vicenda dei motori diesel ammonta a 17,8 miliardi di euro e tutti gli oneri conosciuti finora sono coperti”, dice una nota della società.
MPS, SCOMMESSE SULLA CONVERSIONE. BPM, GUERRIGLIA DEI PENSIONATI
La buona notizia per Piazza Affari arriva, una volta tanto, da Siena. Monte Paschi (+1,6%) conferma i progressi della vigilia: oltre alle voci su possibili investitori in arrivo dal Qatar tiene banco la conversione volontaria dei bond ventilata dal Cda. L’offerta potrebbe essere estesa a tutti anche ai circa 40mila sottoscrittori privati e potrebbe avvenire sotto il valore nominale ma con un premio sulle quotazioni attuali dei titoli.
Resta forte la pressione sugli altri titoli del comparto: Mediobanca -2,53%, Banco Popolare -1,99%, Unicredit -1,84%. In calo anche Bpm (-1,31%): l’associazione Lisippo, uno dei punti di riferimento dei soci pensionati dell’istituto di piazza Meda, ha ribadito l’invito a votare il no alla fusione all’assemblea del 15 ottobre.
Tra le assicurazioni, Unipol ha chiuso in ribasso del 2%: la compagnia potrebbe partecipare all’aumento di capitale di Monte Paschi. Ancora in ribasso i Big: Generali -0,4%, soffrono Allianz -2,1% e Axa -1,9%. Nel gestito Azimut è tra le peggiori blue chip con un calo del 3,1%: Goldman Sachs ha abbassato il target price, pur confermando la raccomandazione Buy
FCA IN FRENATA, CROLLANO LANDI RENZO E DANIELI
Giornata agitata per Fiat Chrysler, -1,4% dopo una mattinata difficile per un articolo di Bloomberg sui maggiori costi imposti dalle regole dell’Ente anti-inquinamento Usa. In realtà, la spesa (5,1 miliardi) è già nota ed andrà spalmata sui prossimi nove anni.
Tonfo di Landi Renzi: -5% a 0,42 euro. Il management ha tagliato le stime per l’intero anno. Ora il gruppo indica un fatturato tra i 180 e i 190 milioni e un Ebitda normalizzato per eventuali oneri non ricorrenti legati alle azioni di riduzione dei costi compreso tra i 4 e i 6 milioni. “Il recente calo del prezzo del petrolio ha avuto un impatto rilevante sul mercato dei carburanti alternativi, in particolare nel continente americano”, spiega una nota che parla anche di un rallentamento delle immatricolazioni di nuove auto a GPL/metano in Europa. Da inizio anno il titolo perde il 45%.
In forte ribasso anche Danieli: – 5% a 17,46 euro. La società che opera nel settore acciaio ha chiuso l’esercizio 2015/2016 (a fine giugno) con un utile netto in calo del 46% a 88 milioni di euro da 161,7 milioni di un anno fa. I ricavi sono scesi del 9% a 2,508 miliardi da 2,765 miliardi. La società prevede per il 2016 un calo della produzione mondiale dell’acciaio di circa l’1-1,5%.