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Le banche popolari non sono una storia solo italiana

Esiste, nel panorama del sistema creditizio, una “diversità”. Si tratta di una diversità positiva per l’economia e per la società italiana, si tratta della peculiarità rappresentata dal sistema del credito popolare. La consistenza di questo sistema è data da precisi risultati. In una situazione economica ancora segnata dalla crisi, nel primo trimestre del 2017, le Banche popolari e del territorio hanno accresciuto i propri impieghi a favore delle famiglie e delle piccole e medie imprese in misura superiore a quanto fatto dal sistema bancario nel suo complesso. Il flusso di nuovi finanziamenti, nei primi tre mesi dell’anno, è stato di oltre 7 miliardi di euro per le PMI e di quasi 4 miliardi di euro per i mutui alle famiglie per l’acquisto di una abitazione. La fiducia nel credito popolare è confermata anche, e in particolare, sul versante della raccolta del risparmio con i depositi in aumento del 6%.

Sono risultati che si spiegano grazie alla natura e alla storia del credito popolare. Le popolari non sono il frutto di una partita doppia, non sono il prodotto di una ideologia studiata e applicata a tavolino, ma sono una realtà, sono un fatto antropologico e sociale. Per alcuni, questa peculiarità è considerata una specificità italiana. Non è così. Al contrario il credito popolare e cooperativo è una realtà vitale e in espansione in tutto il mondo che conta 200 mila istituti con 700 milioni di clienti e 435 milioni di soci; 9 mila miliardi di euro raccolti e 7 mila di impieghi. Una realtà solida e da sempre radicata, per la sua storia, in Europa e Nord America ma in rapida e forte espansione in Sud America e in Africa e con una crescita di presenze in Asia e, particolarmente, in Cina.

In questo panorama internazionale, l’Associazione fra le Banche Popolari rappresenta, in Italia, 52 banche associate; 186 società finanziarie e strumentali; 250 corrispondenti nel mondo; 5.273 sportelli; 1.028.000 soci; 6 milioni di clienti; 48 mila dipendenti; 270 miliardi di attivo. A questi numeri si aggiungono poi richieste di adesioni da parte di banche popolari e cooperative internazionali che operano sul mercato italiano, dal Giappone, dal Brasile, dalla Thailandia e da diversi Paesi dell’Africa. Una Associazione che, ogni giorno, opera per lo sviluppo di una identità fondata sulla cooperazione e sulla sussidiareità, per la valorizzazione dei territori impegnandosi sul sociale e con lo scopo prioritario di guardare alle imponenti innovazioni del panorama bancario in modo da accompagnare i soci e i clienti in un futuro che si presenta molto complesso.

Il credito popolare, nella lunga crisi globale, ha rappresentato un fondamentale segmento di tenuta e resilenza del sistema bancario del nostro Paese come in altre parti del mondo. Le popolari sono oggi, e saranno domani, ancora essenziali a sostenere la futura e, come sembra, prossima ripresa economica, in un sistema che dovrà necessariamente trovare nella biodiversità un punto di forza come è stato fino ad ora e come è in ogni parte del mondo che vuole crescere e svilupparsi. L’idea alla base del credito popolare, che in piena rivoluzione industriale fu la prima e più originale formula di social network ante litteram ancorando il credito e la raccolta ai valori della sussidiareità, della previdenza e della mutualità, oggi, nella società post-industriale e in piena era digitale, è quella di saper guardare al futuro grazie alla consapevolezza di avere alle proprie spalle una storia importante.

Resta nella memoria, fra mille, e più che mai attuale, la storia di Enzo Ferrari e della Ferrari, una delle eccellenze italiane più conosciute al mondo. Il “Drake”, come sarebbe stato successivamente ribattezzato, non trovava credito per iniziare quella storia che sarebbe diventata la storia di un mito e, dopo aver bussato, inutilmente, a mille porte, riuscì ad ottenere il suo primo prestito da una banca popolare, il “Banco San Geminiano e San Prospero” di Modena e Reggio Emilia che accettò di correre il rischio facendo affidamento, non tanto al patrimonio e al capitale del potenziale debitore, ma alle sue capacità, alle sue idee.  È lo stesso Ferrari a raccontarlo nelle memorie raccolte, nel 2001 da Pino Casamassima: “Per comprare i locali, in cui in precedenza si trovavano cavalli da tiro, Ferrari e il suo avvocato, Enzo Levi, andarono da Giuseppe Casoli, direttore del Banco San Geminiano e San Prospero, per chiedere un prestito di un milione di lire. Casoli ascoltò in silenzio mentre Ferrari parlò per un’ora circa dei suoi piani. Quando il discorso finì, il banchiere guardò l’avvocato e disse: «Questo giovane mi ha raccontato una storia affascinante. Che cosa dobbiamo fare? Dovremo dargli il suo milione?».” Il denaro arrivò presto. Una storia di grandi successi ebbe inizio ma soprattutto fu smentita la considerazione comune che le banche finanziano soltanto chi i soldi li ha già. La diversità del credito popolare è tutta qui.

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