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Le banche avranno un futuro se sapranno capire i tempi nuovi e ripensare i modelli di business: un libro di Lucchini e Zoppini

FIRSTonline

Chi ha dato per imminente la scomparsa delle banche, ha sicuramente esagerato nel pessimismo. Le banche avranno anche nel futuro un ruolo fondamentale nella intermediazione finanziaria, nella tutela del risparmio, nel sostenere la crescita economica. A patto che sappiano capire i tempi nuovi, le esigenze dei risparmiatori e dei mercati, e sappiano ripensare i propri modelli di business investendo in tecnologie innovative, accettando la piena responsabilità sociale del proprio ruolo e contribuendo a formare i propri clienti per renderli consapevoli della crescente complessità degli strumenti del mercato finanziario

Il nuovo libro di Stefano Lucchini, responsabile relazioni esterne e istituzionali di Intesa Sanpaolo, e Andrea Zoppini professore ordinario di diritto civile all’Università di Roma tre, mette in rilievo i fondamenti giuridici e regolamentari dell’Unione bancaria europea, illustrando i progressi compiti negli ultimi decenni, ma ricordando anche la strada che si deve ancora fare per completare un quadro regolamentare che possa agevolare i processi di ristrutturazione e cambiamento che le banche devono affrontare per continuare a svolgere la propria funzione nel sistema finanziario. Una funzione che mantiene una grande importanza sia nella tutela del risparmio, sia nella migliore allocazione delle risorse nel sistema economico.

Uno sguardo sulle banche del futuro

Il volume, edito da Baldini+Castoldi, si intitola appunto “Il futuro delle banche” e partendo dalla situazione della regolazione esistente in Europa ed in particolare in Italia, prima del varo della moneta unica e dell’Unione bancaria, esamina le caratteristiche della vigilanza bancaria attualmente in capo alla Bce, i suoi pregi ed anche i suoi difetti dovuti soprattutto alle difficoltà di mettere insieme mentalità e storie molto diverse dei sistemi bancari dei vari paesi dell’eurozona.

Partendo dall’esame della situazione preesistente alla creazione della vigilanza unificata, gli autori ricordano quali fossero i rapporti nel nostro paese tra singole banche e Banca d’Italia. A partire dal dopoguerra il sistema bancario italiano era sostanzialmente monopolitistico, per lo più di proprietà pubblica. Di concorrenza non si parlava. La Banca d’Italia non si limitava a regolare il sistema, ma lo guidava per lo più attraverso un sistema di rapporti informale, che gli autori chiamano “regolazione all’orecchio”, e cioè basata su consigli verbali che non si potevano rifiutare. Il principio fondamentale era quello di salvaguardare la stabilità del sistema bancario e poi per un certo periodo anche quello della finanza pubblica italiana.

Il caso del Banco di Napoli

A partire dagli anni Settanta iniziarono a fare capolino i principi della concorrenza e della valutazione dell’operato delle singole banche. Ricordo che sul finire del decennio incontrando l’allora Governatore Paolo Baffi, sostenemmo che era ormai maturo il tempo per far emergere i problemi delle varie banche. In particolare, si sapeva che il Banco di Napoli versava in difficoltà e che il suo bilancio fosse in rosso. Baffi fece notare che fino a quel momento nessuna banca importante aveva dichiarato perdite e che questo avrebbe potuto portare turbative sul mercato e diffuso panico tra i risparmiatori. E però non era nemmeno corretto occultare i reali risultati della gestione della banca in funzione della stabilità del sistema, perché in questo modo non sarebbe stato possibile premiare le buone gestioni, o punire quelle meno capaci. Alla fine, il Banco di Napoli uscì con un bilancio in perdita.

Un futuro per le banche fra tech e transizione verde

Il volume di Lucchini e Zoppini è ricco di analisi approfondite sia sulle trasformazioni avvenute nel sistema bancario negli ultimi decenni, sia sugli aspetti giuridici della nuova vigilanza in capo alla Bce. Interessante notare che la concentrazione delle banche è avvenuta soprattutto nell’ambito dei singoli paesi, mentre per le operazioni transfrontaliere ci sono ancora notevoli ostacoli a cominciare a quelli dei diversi regimi fiscali dei paesi che di fatto rendono difficili queste operazioni che pure sarebbero importanti nel rendere più competitivo il sistema bancario europeo rispetto ad esempio ai giganti USA.

Molto interessante è l’attenzione che viene posta sulla necessità di fare importanti investimenti sulla frontiera tecnologica, così come quella di porre maggiore attenzione ai settori nuovi, primo fra tutti quello della “space economy” che è in forte sviluppo e soprattutto non è più esclusivo appannaggio degli investimenti pubblici. Anzi già oggi il settore vanta una forte e crescente presenza di aziende private che investono e crescono su scala mondiale. Analogo è il ragionamento per la transizione verde. Si calcola che il Green deal europeo comporterà investimenti per circa 180 miliardi l’anno per il prossimo decennio. È impensabile che tutto possa essere sulle spalle del settore pubblico. I privati avranno un ruolo importante e crescente, e in questo quadro le banche sono chiamate a sostenere con l’innovazione finanziaria, questo promettente settore.

L’importanza dell’educazione finanziaria

In conclusione, le banche hanno “i secoli contati”, a patto che sappiano capire le esigenze della società e dei mercati. Il futuro sta nel saper coniugare correttamente la responsabilità sociale delle aziende di credito con lo sviluppo sostenibile. Aumenta il ruolo della banca come servizio alla comunità. Tra questi servizi, fondamentale è quello della diffusione di una più ampia educazione finanziaria. Siamo appena agli inizi. Su questo terreno le banche saranno chiamate a fare molto di più.

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Categories: Finanza e Mercati