Non solo non diminuiscono, ma anzi aumentano i pesticidi utilizzati in Italia. E sono ormai 259 quelli ritrovati nelle acque italiane: il più diffuso è il glifosate (insieme al suo metabolite AMPA), oggetto di battaglie e di un lungo braccio di ferro anche nella Ue. L’Ispra, che ha pubblicato il suo rapporto “Pesticidi nelle acque”, assegna la palma d’oro all’erbicida che presenta il maggior numero di superamenti rispetto agli standard di qualità ambientale per le acque (Sqa). “Degna di nota – afferma il Rapporto – anche la presenza di altri erbicidi, come nel caso del metolaclor, che supera i limiti nel 7,7% dei punti di monitoraggio e del suo metabolita metolaclor-esa, che tuttavia è ricercato solo in Friuli Venezia Giulia e che supera i limiti nel 16% dei siti, nonché del quinclorac, superiore ai limiti nel 10,2% dei casi. Tali valori dimostrano l’opportunità di estendere in maniera uniforme il monitoraggio anche in altre Regioni” rispetto alle 5 oggi sotto la lente dell’Istituto.
Le indagini condotte nel biennio 2015-16 hanno riguardato 35.353 i campioni di acque superficiali e sotterranee analizzate in Italia. Sono stati trovati pesticidi nel 67% dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5% dei 3.129 punti delle acque sotterranee, con valori superiori agli SQA nel 23,9% delle acque superficiali e nel 8,3% delle acque sotterranee. Oltre agli erbicidi che rimangono le sostanze riscontrate con maggiore frequenza, aumenta in maniera significativa anche la presenza di fungicidi e insetticidi.
Venendo alla ripartizione territoriale, la maggior presenza di pesticidi si riscontra nella pianura padano-veneta, dove le indagini sono generalmente più approfondite (in termini di numerosità dei campioni e di sostanze ricercate); nelle regioni del Nord, infatti, si concentra più del 50% dei punti di monitoraggio della rete nazionale. Nel resto del paese la situazione resta ancora abbastanza disomogenea: non sono pervenute, infatti, informazioni dalla Calabria e in altre Regioni la copertura territoriale è limitata, così come resta limitato, nonostante l’aumento, il numero delle sostanze ricercate.
E veramente preoccupante il fatto che la presenza di pesticidi risulti ben al di sopra della media nazionale in alcune regioni e cioè in oltre il 90% dei punti delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Piemonte e Veneto, e più dell’80% dei punti in Emilia Romagna e Toscana. Supera il 70% in Lombardia e provincia di Trento. Nelle acque sotterrane è particolarmente elevata in Friuli 81%, in Piemonte 66% e in Sicilia 60%. Una situazione che, nonostante l’aumento dei controlli realizzati dall’Ispra, fa capire quanto sia salito il livello di guardia.
Le mappe segnalano una concentrazione di criticità lungo l’intera Pianura padano-veneta e una riduzione dei punti critici al Centro e al Sud, “ma è una lettura superficiale – ha precisato Pietro Paris, responsabile del settore Sostanze pericolose di Ispra interpellato da La Stampa – perché nelle regioni del Nord sono stati realizzati più del 50% dei monitoraggi, dalla Calabria non è arrivato nessun dato, pochissimi dalla Puglia”. Esiste un problema di diffusione e standardizzazione dei monitoraggi e il Mezzogiorno risulta in forte ritardo, con alcune eccezioni: a Ragusa e dintorni sono state cercate circa 200 sostanze, nel Lazio le analisi hanno rivelato un buono stato delle acque superficiali.
A contrastare questi aspetti negativi, vi è un dato positivo almeno per le prospettive future: sono diminuite del 36,7% le vendite di sostanze tossiche e molto tossiche tra il 2002 e il 2015, in calo anche le vendite di prodotti fitosanitari scesi da 150.000 a 136.055 tonnellate, sebbene il biennio 2015-16 abbia registrato una ripresa delle vendite. “Alla diminuzione delle vendite però – osserva infine Ispra – non corrisponde un’analoga diminuzione della frequenza di pesticidi nelle acque. Nel periodo 2003-2016, infatti, oltre al numero delle sostanza trovate aumentano anche i punti interessati dalla presenza di pesticidi che sono cresciuti di circa il 20% nelle acque superficiali e del 10% in quelle sotterranee”.