In tema di lavoro “la Germania è un modello da seguire”, mentre la discussione sull’articolo 18 “è ideologica”, perché non riguarda più di 3mila persone. Così si è espresso ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, presentando a Palazzo Chigi il programma di governo per la parte rimanente della legislatura. Un percorso che ripartirà proprio dal Jobs Act, ora in cima alla lista delle priorità.
Il riferimento alla Germania ha subito fatto discutere perché prefigura il ricorso ai cosiddetti mini-job, ovvero a forme contrattuali detassate introdotte sotto il governo Schroeder con la riforma Hartz, un pacchetto di misure varate fra il 2003 e il 2005, quando la prima economia dell’Eurozona era alle prese con circa cinque milioni di disoccupati.
I mini-job sono lavori precari e malpagati (al massimo 450 euro al mese per 15 ore di lavoro la settimana), che non consentono né di accumulare contributi per la pensione né di avere diritto all’assicurazione sanitaria. Il loro impatto sulle statistiche, però, è molto significativo. Lo scorso luglio il tasso di disoccupazione ha raggiunto in Italia il 12,6%, mentre in Germania non è andato oltre il 4,9%, dopo esser calato dal 10,5% al 5,3% fra il 2004 e il 2013. Una progressione sostenuta in modo decisivo proprio dai mini-job, che oggi garantiscono un impiego a circa sette milioni di persone.
I mini-job non sono però l’unico intervento che il governo Renzi potrebbe mutuare dalla locomotiva d’Europa. Un altro capitolo fondamentale riguarda i sussidi di disoccupazione. In Germania, per averne diritto è necessario aver lavorato almeno dodici mesi negli ultimi due anni. Se si soddisfa questo requisito si riceve l’assegno per un anno, al termine del quale bisogna dimostrare di essere attivi nella ricerca di un lavoro, essere disponibili a seguire corsi di riqualificazione o accettare di svolgere occupazioni socialmente utili, pagate 1/1,5 euro l’ora.
In generale, questa impostazione ha abbattuto il costo del lavoro tedesco, che in alcuni casi ha addirittura raggiunto – in negativo – quello della Cina.
Allegati: Un’opinione sui “mini-job”