A marzo, secondo l’Istat, l’Italia ha registrato 81mila occupati in più rispetto a febbraio e il risultato è tutto dovuto ai posti recuperati dalle donne. Il tasso di occupazione è salito così al record storico del 59,9%, mentre quello di disoccupazione è sceso all’8,3%, il livello del 2010. Gli inattivi, ossia coloro che non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano, sono calati, tornando ai livelli pre-crisi, ma rappresentano ancora il 34,5%.
Ancora alta la disoccupazione giovanile: gli under 24 senza lavoro sono il 24,5%. Quanto alla precarietà, è record storico dal 1977 anche per gli occupati a termine: 3 milioni e 159 mila, il 13,7% del totale.
Precarietà: il 97% dei posti recuperati è a termine
La frattura occupazionale causata dal Covid nel 2020 si è quasi rimarginata, ma solo grazie al lavoro precario. In due anni — tra marzo 2020 e marzo 2022 — Istat calcola 535 mila occupati in più: il 97% è a termine e appena il 3% a tempo indeterminato. Non sappiamo quanta parte di questo 3% stabile sia a part-time, ma le ultime tendenze statistiche lo segnalano come prevalente e principalmente diffuso fra le donne. Al Sud, peraltro, il part time involontario vola all’80%.
Come si spiega il record storico dell’occupazione
Occorre poi un’altra precisazione. Il numero assoluto di occupati è tornato ai livelli precrisi (anche se con un livello di precarietà molto maggiore), mentre il tasso di occupazione è al record storico. Questa asimmetria si spiega con il fatto che la popolazione in età da lavoro si è ridotta per il mancato ricambio generazionale (pochi giovani subentrano ai pensionati) e migratorio (i flussi stagionali, causa Covid, si sono molto ridotti). In tre anni — da marzo 2019 a marzo 2022 — la forza lavoro italiana si è ristretta di 600 mila unità, 348 mila uomini e 253 mila donne. Circa un milione in meno sotto i 49 anni e 400 mila in più sopra i 50 anni: un flusso che si sposta verso l’età di uscita.