Dal prossimo gennaio alcune significative novità normative si presentano per chi perde il lavoro e per chi lo cerca: nell’ambito delle procedure di licenziamento collettivo vengono abrogate la collocazione in mobilità e la relativa indennità, e, nel quadro delle politiche attive del lavoro, diventa pienamente operativa, pur se azzoppata dal referendum costituzionale, l’Anpal, l’agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro.
Dal primo gennaio 2017 vengono meno, come previsto dalla riforma Fornero sul lavoro del 2012, le disposizioni della legge 223/91 sui licenziamenti collettivi che disciplinano, rispettivamente, le liste di mobilità, l’indennità di mobilità, il collocamento dei lavoratori in mobilità e la cancellazione del lavoratore dalle liste stesse.
Pertanto, i lavoratori licenziati ed iscritti nelle liste di mobilità entro il 31 dicembre 2016 continueranno a fruire dell’indennità di mobilità anche dopo il 2016, mentre i lavoratori licenziati in epoca successiva a tale data, pur se nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo avviata e conclusa quest’anno, fruiranno non più dell’indennità di mobilità ma della Naspi, la prestazione di assicurazione sociale per l’impiego che ha sostituito l’obsoleta indennità di disoccupazione.
Se la durata dell’indennità di mobilità era legata, per un massimo di 48 mesi, all’anzianità anagrafica e alla collocazione geografica, con importi pari al 100% del trattamento straordinario di integrazione salariale per il primo anno e all’80% per quelli successivi, la Naspi ora può essere goduta per un periodo massimo di due anni.
La sua durata è, infatti, pari alla metà delle settimane di contribuzione versate nei quattro anni precedenti il licenziamento, e quindi al massimo la prestazione economica potrà raggiungere i 24 mesi.
La Naspi non è legata all’età del lavoratore (che, per averne diritto, deve comunque vantare almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti) ed il suo valore è determinato secondo un criterio di calcolo che tiene conto della contribuzione individuale dell’ultimo quadriennio e che, all’interno di un tetto massimo (ad oggi di 1.300 euro ) si riduce del 3% per ciascun mese, a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione.
La Naspi è inoltre condizionata alla partecipazione del lavoratore disoccupato alle iniziative di politica attiva del lavoro proposte dall’Anpal attraverso le articolazioni dei servizi per l’impiego.
Com’è noto, il piano di aggressione alla disoccupazione del Jobs Act si è sviluppato su due tempi: da subito stabilizzare i contratti temporanei e flessibili con la loro trasformazione in contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, ed in seconda battuta avviare un più efficiente sistema di politiche attive del lavoro per i lavoratori licenziati o in cerca di occupazione con la costituzione, a livello statale, di un servizio centralizzato di collocamento attraverso l’Anpal.
L’Anpal è stato infatti costituito dal Jobs Act per coordinare la nuova Rete Nazionale dei Servizi per le Politiche del Territorio e coinvolgere i principali enti impegnati nell’erogazione degli ammortizzatori sociali, come Inps, Inail e Camere di Commercio, ma anche soggetti operanti come intermediatori nel mondo del lavoro, quali scuole e università.
Fra i compiti principali dell’agenzia ci sono quelli di stabilire i programmi delle politiche attive finanziati dal Fondo Sociale Europeo, acquisire le posizioni individuali dei lavoratori e gestire il collocamento al lavoro coordinando i Centri per l’impiego e le Agenzie del lavoro.
I lavoratori licenziati potranno registrarsi online sul nuovo portale dell’Anpal per inserire i propri curricula, rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità (al fine di beneficiare dei servizi di politica attiva del lavoro) ed accedere, da gennaio, all’assegno di ricollocazione.
In particolare, l’assegno di ricollocazione è una misura specifica del Jobs Act prevista dal prossimo gennaio a favore dei lavoratori disoccupati da oltre quattro mesi, ed è, in concreto, un voucher che dà diritto ad un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di un nuovo lavoro, con il supporto di un tutor, da spendere presso un Centro per l’impiego o un Operatore accreditato, a scelta del lavoratore interessato.
Il voucher, pagato direttamente al soggetto che rende il servizio, sarà di importo graduato in funzione sia del profilo personale di occupabilità (e quindi della maggiore o minore distanza del disoccupato dal mercato del lavoro), sia dell’esito occupazionale ottenuto (ad esempio, si va da un minimo di 1.000 ad un massimo di 5.000 euro in caso di ricollocazione con contratto a tempo indeterminato).
L’assegno di ricollocazione partirà con una prima fase sperimentale, su tutto il territorio nazionale, che riguarderà un campione di circa 20.000 soggetti, in attesa della definitiva entrata a regime dello strumento prevista per il primo semestre 2017.
Peraltro il risultato del referendum costituzionale rischia di depotenziare il nucleo centrale delle politiche attive del lavoro del Jobs Act, in particolare quello di riportare allo Stato le competenze in materia di collocamento ed avviamento al lavoro.
La materia resta invece concorrente tra Stato e Regioni, e sul nuovo sistema centralizzato peseranno ora molte incognite: dal ruolo dell’Anpal come cabina di regia nazionale dell’avviamento al lavoro, agli strumenti di politica attiva complessivamente disponibili anche alla luce dei dispositivi previsti dalla programmazione regionale, o, per finire, alla gestione del sistema di accreditamento degli operatori privati del collocamento e degli assegni di ricollocazione.