“Sarebbe grave non trovare l’accordo al tavolo per il lavoro“. A dirlo è Giorgio Napolitano, che ieri sera ha anche ricevuto al Quirinale il presidente Monti e il ministro Fornero. Che il presidente della Repubblica abbia sentito l’esigenza di far sentire la sua voce su una questione come quella della riforma del lavoro, la dice lunga sulla portata decisiva che avrà la riunione di oggi tra il presidente del Consiglio e le parti sociali per cercare di portare a termine una trattativa il cui prolungamento “sine die” sarebbe un segnale davvero negativo: per i mercati, ma anche per la tenuta del quadro politico.
Certo, il Governo ha fatto sapere più volte che è deciso a fare la riforma anche se non ci sarà l’intesa con le parti sociali. E certamente, anche in caso di risposte negative al tavolo, porterà la sue proposte in Parlamento. Ma un passaggio del genere si troverebbe dinanzi pericolose incognite. Prima di tutto quella della tenuta di una maggioranza che già su altre questioni (Rai e norme anticorruzione) è sottoposta a forti tensioni interne. Non c’è dubbio quindi che il Governo il suo colpo d’ala debba trovarlo proprio sulla sua capacità di tenere insieme le forze sociali sulla riforma del lavoro. Di qui le parole di Napolitano, che ha anche richiamato i sindacati “a far valere l’interesse generale” del Paese. Ma di qui anche quanto detto dallo stesso ministro Fornero, il quale, in un convegno del “Sole 24 ore”, ha spiegato di avere ben presente “il valore aggiunto” che avrebbe il poter fare la riforma forti dell’intesa al tavolo con sindacati e imprese.
Un “valore aggiunto” soprattutto politico. Del quale beneficerebbe soprattutto il governo, che eviterebbe nuove tensioni e fibrillazione tra e nei partiti che lo sostengono. Non c’è dubbio che una mancata intesa creerebbe forti problemi soprattutto al Pd. Bersani si è speso molto per convincere la Cgil ad accettare che la discussione fosse a tutto campo, toccando anche l’articolo 18. Ma i problemi non riguarderebbero soltanto il Pd, visto che anche Casini per il terzo polo e persino Alfano per il Pdl considerano l’intesa come l’opzione principale per andare avanti nella riforma. Naturalmente non mancano i segnali preoccupanti. Certamente non aiuta, né la Camusso né la Cigil, la proclamazione di due ore di sciopero per oggi da parte della Fiom per protestare contro le eventuali modifiche all’articolo 18.
Così come è noto che sulla flessibilità in entrata e sul superamento dei cosiddetti contratti atipici (quelli dei precari) non mancano riserve e resistenze da parte delle imprese. Ma a questo punto la parola è al tavolo dove questo pomeriggio si incontreranno il presidente del Consiglio Monti, il ministro Fornero e le rappresentanze delle parti sociali. L’accordo sarà possibile se, come auspicato dal Capo dello Stato, tanto i sindacati che le imprese, trattando fino all’ultimo minuto, saranno in grado di far prevalere “l’interesse generale del Paese”. Al quale solo da poco tempo buona parte della politica e, soprattutto, l’azione di governo hanno ripreso a dare la doverosa attenzione.