Dopo cinque trimestre in calo, nel secondo trimestre 2021 l’occupazione italiana è tornata a salire. Lo certifica l’Istat, spiegando che la crescita è stata di 338 mila occupati (+1,5%) rispetto al trimestre precedente, dovuta alla crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (80 mila, +0,5%), degli indipendenti (33 mila, +0,7%) e, soprattutto, dei dipendenti a termine (226 mila, +8,3% in tre mesi).
Rispetto invece al confronto con l’identico trimestre del 2020, l’aumento complessivo dell’occupazione è stato di 523.000 unità ma solo con contratti a tempo determinato. Il saldo infatti è frutto di una aumento dei dipendenti a termine (+573 mila, +23,6%) a fronte di un nuovo calo – seppure con minore intensità – dei dipendenti a tempo indeterminato (-29 mila, -0,2%) e degli indipendenti (-21 mila, -0,4%).
In ogni caso, spiega l’Istat, l’occupazione “rimane ancora inferiore ai livelli pre-pandemia, con 678 mila occupati in meno rispetto al secondo trimestre 2019; in particolare, le donne occupate sono 370 mila in meno (-3,7% rispetto a -2,3% degli uomini) e il tasso di occupazione femminile, al 49,3%, è ancora inferiore di 1,4 punti (-1 punto, al 67,1%, per gli uomini)”.
Intanto, prosegue la crescita delle persone in cerca di occupazione, salite a due milioni 422 mila unità (+514 mila in un anno, +27,0%).
Il problema è che nella ricerca di lavoro continua a prevalere l’uso del canale informale: rivolgersi a parenti, amici e conoscenti rimane la pratica più diffusa (75,2%, +0,8 punti). Seguono l’invio di domande/curriculum (63,6%, +6 punti) e la risposta ad annunci o la pubblicazione di inserzioni (28,4%, +3,3 punti). Meno frequente, ma in aumento, la quota di disoccupati che dichiarano di essersi rivolti al Centro pubblico per l’impiego (18,1%, +3,1 punti).
Infine, aumenta ulteriormente l’incidenza del livello d’istruzione sulla possibilità di trovare lavoro: la crescita del tasso di occupazione tra i laureati, pari al 79,6%, è più sostenuta (+2,6 punti) di quella dei diplomati (63,4%, +1,6 punti) e di chi ha conseguito al massimo la licenza media (43,0%, +1 punto). Il tasso di disoccupazione aumenta per quanti hanno un titolo più basso (+2,7 punti) e tra i diplomati (+2 punti) a fronte del lieve calo per i laureati (-0,1 punti), con l’indicatore che oscilla tra il 4,7% per i laureati, il 9,6% per i diplomati e il 13,4% di chi ha al massimo la licenza media.
Decisamente elevato anche il divario nel tasso di inattività, in calo per tutti, che dal 16,3% dei laureati (-2,6 punti) sale al 29,9% dei diplomati (-3,3 punti) per arrivare al 50,2% (-2,6 punti) di chi possiede un basso livello di istruzione.