Negli ultimi 25 anni l’età media degli occupati in Italia è salita da 38 a quasi 44 anni. Dal mercato del lavoro sono scomparse 3,6 milioni di persone con meno di 35 anni (erano quasi 9 milioni, ora sono poco più di cinque), mentre gli over 45 sono aumentati di 4,2 milioni e i lavoratori con età compresa fra i 55 e i 64 anni sono raddoppiati, passando da 2 a 4 milioni. Secondo il Fondo monetario internazionale, nel 2020 il 20% degli occupati italiani sarà proprio in questa fascia di età (55-64) e cinque anni più tardi la quota arriverà a sfiorare il 25%.
Insomma, l’invecchiamento della popolazione attiva pesa sulle prospettive di crescita del nostro Paese oltre che sulla produttività, e purtroppo sta accelerando.
Come dimostra una ricerca del Corriere della Sera basata su numeri dell’Istat, dal 2008 l’età media dei 21-22 milioni di italiani al lavoro è aumentata di sei mesi l’anno. Negli ultimi tempi solo gli sgravi alle assunzioni previsti dal Jobs act hanno contrastato questo fenomeno, ma non sono certo bastati a invertirne la rotta.
Tra le concause che hanno portato a questa situazione rientrano le tendenze demografiche e l’ultima riforma delle pensioni. Dal primo punto di vista, data la scarsa natalità, non è un mistero che l’Italia sia il terzo Paese con la popolazione dall’età mediana più alta al mondo (45,1 anni) dopo la Germania e il Giappone. Quanto alla riforma Fornero del 2011, alzando l’età pensionabile ha allungato la permanenza dei più anziani al lavoro.
Il dato più allarmante, però, riguarda i giovani: senza considerare gli studenti, il tasso di occupazione fra i 15-24enni è appena del 17%. Sempre negli ultimi 25 anni, i lavoratori giovani sono calati dal 41% al 22% del totale della popolazione produttiva, mentre quelli più anziani sono aumentati da un terzo alla metà. Gli over 65 hanno conosciuto una vera e propria impennata di occupazione (+41%) e ormai sono oltre mezzo milione.
Uno studio del Fmi pubblicato lo scorso dicembre («The Impact of Workforce Ageing on European Productivity») mostra che l’Italia, con la Grecia, è il Paese in cui l’invecchiamento della popolazione attiva fa calare maggiormente la produttività, erodendo ogni anno circa lo 0,2% dalla capacità di far crescere il valore generato in un’ora di lavoro